Sull’accesso ai “dati personali identificativi” nel settore degli appalti pubblici

A cura di Luca Cialone

4 Dicembre 2024
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D.lgs. n. 36/2023 – Legge n. 241/1990 – Principio di trasparenza – Tutela della riservatezza – Privacy – Principio di imparzialità – Requisiti di onorabilità e moralità – Cause di esclusione – Principio di buon andamento – Dati personali – Dati sensibili e super-sensibili – Accesso ai documenti amministrativi – Accesso difensivo – Rito accelerato – Segreti tecnici e commerciali – Appalti pubblici

Tar Milano, sez. I, n. 3124, 11 novembre 2024
 
L’art. 36, comma 4, d.lgs. n. 36/2023, ha previsto un rito accelerato per l’accesso documentale ai documenti oscurati. Con l’aggiudicazione si indicano le parti oscurate degli atti per la presenza di “segreti tecnici o commerciali” di cui all’art. 34, comma 4, lett. a), cit. (“il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione: a) possono essere esclusi in relazione alle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali”).
[…]
Nel caso di specie, parte ricorrente non ha inteso reagire contro l’oscuramento frapposti ad asseriti “segreti tecnici o commerciali” contenuti nella documentazione della controinteressata. Ha invece inteso acquisire, in particolare, la documentazione di gara concernente la valutazione sulla sussistenza dei requisiti generali dell’aggiudicataria in relazione alla quale sono stati apposti omissis che prescindono dalla presenza di “segreti tecnici o commerciali”.
Ne consegue che non viene in rilievo la disciplina acceleratoria dello speciale rito sulle decisioni di oscuramento dei documenti per presenza di “segreti tecnici o commerciali” introdotta dal 36, comma 4, d.lgs. n. 36/2023.
[…]
I dati che sono stati oscurati hanno natura di dati personali generici idonei ad identificare il soggetto interessato, sicché tali dati non hanno natura di dati personali sensibili (quali definiti dall’art. 9 del Regolamento 2016/679/UE del Parlamento e del Consiglio) o di dati giudiziari (quali definiti dall’art. 10 del Regolamento 2016/679/UE del Parlamento e del Consiglio) oppure di dati super-sensibili (art. 60, d.lgs. n. 196/1996).
[…]
Ai fini del bilanciamento tra il diritto di accesso difensivo, preordinato all’esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale in senso lato, e la tutela della riservatezza (nella specie, cd. generica), secondo la previsione dell’art. 24, comma 7, della l. n. 241 del 1990, non trova applicazione né il criterio della stretta indispensabilità (riferito ai dati sensibili e giudiziari), né il criterio dell’indispensabilità e della parità di rango (riferito ai dati cc.dd. supersensibili), ma il criterio generale della “necessità” ai fini della “cura” e della “difesa” di un proprio interesse giuridico, ritenuto dal legislatore tendenzialmente prevalente sulla tutela della riservatezza, a condizione del riscontro della sussistenza dei presupposti generali dell’accesso documentale di tipo difensivo (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, n. 19/2020).
Nella fattispecie l’acquisizione dei dati personali generici consente alla ricorrente di meglio difendere la propria posizione in giudizio in quanto, una volta acquisiti tali dati, potrebbero essere svolte ulteriori approfondimenti in ordine ai requisiti di capacità morale sui soggetti della compagine societaria dell’aggiudicataria, approfondimenti che possono essere condotti soltanto ove in possesso dei dati idonei ad individuare gli interessati.

Indice

Il fatto

In data 28 aprile 2023 ARIA s.p.a. indiceva una gara, suddivisa in otto lotti, avente ad oggetto l’affidamento del servizio di lavanolo e lavanderia per gli Enti del Sistema Sanitario Regionale della Regione della Lombardia.
All’esito del confronto competitivo il lotto 3 veniva aggiudicato all’impresa Servizi Italia, mentre l’impresa Servizi Ospedalieri risultava la seconda classificata.
Quest’ultima presentava istanza di accesso agli atti di gara “al fine di vagliare la possibilità e la utilità di un’azione dinanzi al Giudice competente a tutela del suo interesse tanto al ribaltamento della graduatoria in suo favore (e quindi al subentro nell’aggiudicazione e nel contratto) quanto al rinnovamento delle operazioni di gara”.
La seconda classificata impugnava le note di riscontro alla istanza di accesso, nella parte in cui non disponevano l’acquisizione di “tutta la parte amministrativa relativa al soccorso istruttorio ed ai chiarimenti richiesti dal seggio di gara in data 24.04.2024 per valutare la onorabilità delle imprese aggiudicatarie e gli atti del procedimento di verifica del rispetto dei minimi salariali”.

La decisione del TAR

Per quanto di interesse, la controinteressata chiedeva il rigetto dell’azione relativa all’accesso agli atti per una serie di ragioni.  
In primo luogo, ne eccepiva l’improcedibilità poiché fatta valere oltre il termine (10 giorni) di cui all’art. 36, d.lgs. n. 36/2023, che era ritenuto applicabile, nonostante la soggezione della gara al d.lgs. n. 50/2026, dato il carattere sostanziale e processuale della norma.
In secondo luogo, la controinteressata affermava l’infondatezza nel merito dell’azione poiché la richiesta della seconda classificata avrebbe riguardato informazioni correttamente escluse dall’accesso vista la loro natura di dati personali (nomi, date di nascita, residenze e documenti di riconoscimento) dei soggetti interessati.
Il giudice ha accolto il ricorso sulla base delle seguenti considerazioni.
In primo luogo, il Tar ha respinto l’eccezione di tardività circoscrivendo l’operatività della disposizione invocata dalla controinteressata (l’art. 36, comma 4, del d.lgs. n. 36/2023) ai soli casi di acquisizione di informazioni concernenti segreti tecnici o commerciali.  
Il giudice ha infatti rilevato che, nel caso di specie, l’istanza di accesso della ricorrente si riferiva a documenti riguardanti il possesso dei requisiti generali da parte dell’impresa aggiudicataria.
In secondo luogo, il Tar ha accolto nel merito la domanda della ricorrente sottolineando che “i dati che sono stati oscurati hanno natura di dati personali generici idonei ad indentificare il soggetto interessato, sicché tali dati non hanno natura di dati personali sensibili (quali definiti dall’art. 9 del Regolamento 2016/679/UE del Parlamento e del Consiglio) o di dati giudiziari (quali definiti dall’art. 10 del Regolamento 2016/679/UE del Parlamento e del Consiglio) oppure di dati super-sensibili (art. 60, d.lgs. n. 196/1996)”.
Di conseguenza, il Tar ha individuato il criterio per l’acquisizione di tali dati in quello “della “necessità” ai fini della “cura” e della “difesa” di un proprio interesse giuridico, ritenuto dal legislatore tendenzialmente prevalente sulla tutela della riservatezza, a condizione del riscontro della sussistenza dei presupposti generali dell’accesso documentale di tipo difensivo”, richiamando sul punto quanto statuito dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 19 del 2020.
Pertanto, rilevata la funzionalità dell’acquisizione dei dati personali oggetto di contestazione alla tutela in giudizio della posizione della ricorrente, il giudice ha affermato l’obbligo per la stazione appaltante di rilasciare alla seconda classificata la documentazione richiesta priva di oscuramenti.

Brevi considerazioni conclusive

La pronuncia in esame appare di particolare interesse sotto diversi aspetti.
Quanto alla questione sulla tardività, il Tar ha escluso una valenza generalizzata dell’art. 36, comma 4, del d.lgs. n. 36/2023 per le controversie concernenti l’accesso ai documenti di gara nel settore degli appalti pubblici.
Il giudice ha limitato il campo di applicazione della disposizione al più ristretto ambito delle contestazioni riguardanti l’apposizione di oscuramenti finalizzati a tutelare potenziali segreti “tecnici o commerciali”, con l’effetto di escludere l’operatività del termine brevissimo di dieci giorni per la presentazione del ricorso in materia di accesso.
Quanto al merito, il Tar ha dapprima chiarito la natura dei dati oggetto di oscuramento da parte della stazione appaltante, per poi procedere all’inquadramento della tutela ad essi applicabile.
Sul punto, la normativa in tema di accesso prevede una differenziazione della disciplina basata sull’individuazione della tipologia di dato di cui si richiede la conoscenza; è perciò dall’indagine sulla “sostanza” dei dati che occorre partire per individuare l’effettiva interazione tra il diritto all’accesso documentale e il contrapposto diritto alla riservatezza.
Tale bilanciamento non è rimesso alla stazione appaltante con il riconoscimento delle prerogative tipiche della discrezionalità, poiché è il legislatore (si veda l’art. 24, comma 7, della legge n. 241/1990) ad aver predeterminato, in via generale e astratta, l’assetto di regolazione dei valori confliggenti della trasparenza e della privacy.
Alla SA (e quindi al giudice, in sede di contenzioso) si richiede soltanto di valutare la natura dei dati personali di cui si richiede l’ostensione – di riscontrare, cioè, l’integrazione di una fattispecie piuttosto che di un’altra.
Sono infatti i dati qualificati come sensibili, giudiziari e super-sensibili ad essere presidiati dall’ordinamento con le prerogative maggiormente incisive.  
Una volta identificata la natura del dato, ne discende direttamente la sua soggezione alla disciplina predisposta dalla legge per quella particolare categoria, senza il riconoscimento di ulteriori spazi decisionali in capo alla pubblica amministrazione – e ciò, chiaramente, per esigenze di uniformità nella garanzia di un interesse particolarmente rilevante come quello alla “riservatezza”.
In sede di conclusioni ci soffermerà proprio sulla questione riguardante il corretto inquadramento sostanziale dei dati oggetto del contenzioso.
Nel dettaglio, la controinteressata ha “difeso” il diniego opposto dalla stazione appaltante all’istanza di accesso facendo riferimento al carattere “personale” dei dati (nomi, date di nascita, residenze e documenti di riconoscimento) dei soggetti interessati.
Tuttavia, il giudice ha ricordato che per attivare le maggiori tutele previste dalla legge si richiede l’appartenenza dell’informazione alle categorie dei dati sensibili, giudiziari o super-sensibili.
In concreto il Tar ha inquadrato i dati oscurati dalla SA come “dati personali generici idonei ad identificare il soggetto interessato”, escludendone così la riconducibilità alle classi più protette.
La strumentalità di tali dati personali “identificativi” alla migliore tutela in giudizio delle proprie pretese è poi di palese evidenza nel settore degli appalti pubblici, in cui le cause di esclusione per mancanza dei requisiti di moralità e onorabilità possono essere rilevate soltanto se l’impresa interessata conosce l’“identità” dei soggetti che operano nella compagine concorrente.
I dati oggetto della controversia (e cioè i nomi, le date di nascita, le residenze e i documenti di riconoscimento dei soggetti rilevanti ai fini dell’operatività delle cause di esclusione) possiedono, dunque, una funzione meramente “identificativa” che non basta per sopravanzare le contrapposte esigenze della trasparenza e della garanzia del diritto di azione.
Il valore della privacy prevale sul diritto di accesso soltanto se ci si trova di fronte a dati sensibili/giudiziari ovvero a dati super-sensibili (vista la loro attitudine a “qualificare” a gradi diversi la personalità, la condotta di vita e lo stato di salute di quel soggetto), ricordando, però, che l’ordinamento prevede comunque dei “contro-limiti”, quali i criteri di “stretta indispensabilità” (per i dati sensibili/giudiziari) e di “parità di rango” della situazione che si intende tutelare con l’accesso (per i dati super-sensibili).
Proprio questi “contro-limiti” (che determinano nuovamente la prevalenza del diritto alla conoscenza sulla difesa della privacy) rappresentano l’essenza della dialettica tra trasparenza e riservatezza nella disciplina che regola l’accesso agli atti: il sistema non prevede la tutela assoluta e incondizionata di una posizione ovvero di un’altra, ma richiede all’interprete di indagare, nei casi singolarmente considerati, la “consistenza” e la “sostanza” delle esigenze che entrano in conflitto – il cui esito è però predeterminato dalla legge.  
La dialettica in esame si arricchisce, poi, di un ulteriore risvolto nel settore degli appalti pubblici, che si manifesta nel caso di specie vista la strumentalità della conoscenza dei dati al rilievo di eventuali cause di esclusione a carico dell’impresa aggiudicataria.
Appare infatti evidente come, nella vicenda analizzata, l’accesso documentale risulti non solo finalizzato alla promozione della generale trasparenza dell’azione amministrativa e alla garanzia del diritto del secondo classificato a tutelare le proprie ragioni in giudizio, ma anche (seppur in via mediata) alla difesa dell’interesse pubblico a che la P.A. non instauri rapporti contrattuali con un soggetto privi di quei requisiti che lo identificano come una controparte moralmente integra e affidabile.
Ci si trova, cioè, oltre la valorizzazione della semplice “correttezza” dell’azione amministrativa, e più precisamente nel campo del raggiungimento del “risultato” dell’affidamento della commessa all’operatore che si riveli integro e affidabile.
In sintesi, in caso di effettiva mancanza dei requisiti di moralità e onorabilità a carico dell’aggiudicatario, l’accesso documentale risulterebbe decisivo sia per la tutela dell’interesse del ricorrente, sia per la salvaguardia dell’interesse pubblico.
Per concludere, mentre, ad esempio, l’accesso agli atti nei procedimenti sanzionatori assume dei connotati eminentemente “difensivi”, nel settore dei contratti pubblici esso assume un valore che rispecchia le peculiarità di un sistema in cui l’interesse pubblico (di cui è portatrice la stazione appaltante) e l’interesse privato (che fa capo alle imprese concorrenti) si pongono in un dialogo continuo che genera confronti, interferenze e, talvolta, sovrapposizioni.

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