È compatibile con il diritto eurounitario la normativa nazionale che vieta incondizionatamente alle amministrazioni aggiudicatrici di affidare concessioni autostradali scadute o in scadenza facendo ricorso alla procedura della finanza di progetto

Corte di Giustizia U.E., Sez. IX – ordinanza 26 novembre 2020 (causa C 835/19)

18 Dicembre 2020
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Commento a Corte di Giustizia U.E., Sez. IX – ordinanza 26 novembre 2020 (causa C‑835/19)

di Luigi Seccia

Con l’ordinanza in oggetto la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata sulla questione pregiudiziale sottopostale dal Consiglio di Stato con l’ordinanza 7587 del 6 novembre 2019 in merito alla compatibilità con il diritto comunitario dell’art. 178, comma 8-bis del D.lgs. n 50/2016[1].

Il Giudice nazionale si era difatti interrogato sulla legittimità, alla stregua dell’art. 30 della direttiva 2014/23/UE[2], di una normativa nazionale che limita la libertà delle amministrazioni aggiudicatrici nella scelta delle modalità di gestione di lavori/servizi pubblici (nella specie vietando incondizionatamente l’affidamento di concessioni autostradali scadute o in scadenza mediante il ricorso alla finanza di progetto).

La CGUE, ritenendo che la questione sottopostale non fosse suscettibile di dare adito ad alcun ragionevole dubbio e potesse quindi definirsi in forma semplificata, ha confermato pienamente la legittimità della normativa italiana.

L’iter logico sviluppato dai Giudici di Lussemburgo si snoda attraverso cinque considerazioni fondamentali:

  • in primo luogo, il parametro di legittimità invocato dal Consiglio di Stato (la direttiva 2014/23/UE, appunto) si limita a stabilire le norme applicabili alle procedure di aggiudicazione di contratti di concessione (di importo, ovviamente, superiore alla soglia di rilevanza comunitaria): quel complesso normativo si applica, dunque, solamente nel caso in cui un’amministrazione aggiudicatrice o un ente aggiudicatore abbiano avviato una procedura di aggiudicazione di una concessione;
  • in secondo luogo, la medesima direttiva 2014/23/UE riconosce alle “autorità” nazionali (e segnatamente a quelle investite del potere normativo, non già alle singole amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori) la libertà di decidere quale sia il modo migliore per gestire l’esecuzione dei lavori e la prestazione dei servizi, ciò “al fine di garantire in particolare un elevato livello di qualità, sicurezza e accessibilità, la parità di trattamento e la promozione dell’accesso universale dei diritti dell’utenza nei servizi pubblici[3];
  • sempre la direttiva 2014/23/UE ammette che le predette “autorità” nazionali possano decidere di espletare i loro compiti d’interesse generale avvalendosi delle loro risorse (se del caso, anche in cooperazione con altre autorità o conferendo tali compiti agli operatori economici); la direttiva non priva, pertanto, gli Stati membri della libertà di privilegiare – mediante una scelta che viene effettuata in una fase precedente all’indizione della procedura di aggiudicazione e che esorbita, pertanto, dall’ambito di applicazione della direttiva stessa – un dato modo di gestione (ad es., la finanza di progetto) a scapito di altri;
  • l’art. 30, par. 1 della direttiva 2014/23/UE, nella misura in cui riconosce la libertà delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori di organizzare la procedura di scelta del concessionario al rispetto delle previsioni della direttiva, non attribuisce una libertà piena bensì una liberta “condizionata” al rispetto delle scelte politiche operate “a monte” dalle autorità normative;
  • le scelte politiche di tali ultime autorità possono essere esercitate liberamente purché nel rispetto delle regole fondamentali ricavabili dal Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) e segnatamente dei principi di libera circolazione delle merci, di libero stabilimento e prestazione dei servizi nonché dei principi derivati (parità di trattamento, divieto di discriminazione, proporzionalità, ecc.).

Alla luce di tali coordinate interpretative, la CGUE ha riconosciuto, in astratto, la possibilità per i singoli Stati membri di operare – nel pieno rispetto della disciplina eurounitaria – precise scelte di politica normativa volte a privilegiare il ricorso a determinati modi di gestione di lavori/servizi pubblici a discapito di altri. Con specifico riferimento all’art. 178, comma 8-bis del D.lgs. n. 50/2016, la Corte di Giustizia, pur rimettendo al Giudice del rinvio ogni valutazione di merito, ha evidenziato che tale disposizione – imponendo un sistema pubblico di gara (di concessione) e vietando l’alternativa costituita dall’aggiudicazione delle concessioni autostradali mediante la finanza di progetto – pare perseguire l’obiettivo di garantire la massima apertura possibile alla concorrenza di un settore tradizionalmente chiuso, come quello delle concessioni autostradali. Ad avviso della Corte, un simile obiettivo, volto ad evitare il riconoscimento di un qualsivoglia vantaggio, anche solo di fatto, ai concessionari uscenti, non eccede i limiti posti dal TFUE e non determina l’illegittimità della normativa nazionale.

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[1] Secondo cui: “Le amministrazioni non possono procedere agli affidamenti delle concessioni autostradali scadute o in scadenza facendo ricorso alle procedure di cui all’articolo 183”.

[2] Ai cui sensi: “1.   L’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore sono liberi di organizzare la procedura per la scelta del concessionario fatto salvo il rispetto della presente direttiva. 2. La concezione della procedura di aggiudicazione della concessione deve rispettare i principi enunciati nell’articolo 3. In particolare, nel corso della procedura di aggiudicazione della concessione, l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore non fornisce in maniera discriminatoria informazioni che possano avvantaggiare determinati candidati o offerenti rispetto ad altri. 3.   Gli Stati membri adottano misure adeguate per garantire che gli operatori economici, nell’esecuzione di contratti di concessione, rispettino gli obblighi applicabili in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dal diritto dell’Unione, dal diritto nazionale, da contratti collettivi o dalle disposizioni internazionali in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro elencate nell’allegato X. 4. Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all’articolo 48 per modificare l’elenco di cui all’allegato X, quando ciò si dimostra necessario per aggiungere nuovi accordi internazionali ratificati da tutti gli Stati membri o quando gli accordi internazionali vigenti cui si fa riferimento non sono più ratificati da tutti gli Stati membri o sono altrimenti modificati, ad esempio a livello di ambito di applicazione, contenuto o denominazione.

[3] V. art. 2, par. 1, comma 1, dir.va 2014/23/UE.

Redazione