Subappalto ancora nel mirino europeo

I giudici lombardi hanno deciso di chiedere alla Corte di Giustizia se l’art. 105, comma 2 del D.Lgs. 50/2016 sia conforme alla Direttiva 2014/24/UE

9 Gennaio 2018
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I giudici lombardi hanno deciso di chiedere alla Corte di Giustizia se l’art. 105, comma 2 del D.Lgs. 50/2016 sia conforme alla Direttiva 2014/24/UE

Il 2018 si apre con nuovi dubbi di compatibilità (che, poi, tanto nuovi non sono!) del D.Lgs. 50/2016, come modificato dal correttivo, con le regole europee in materia di appalti pubblici.

A richiamare l’attenzione dei giudici amministrativi, è questa volta la norma sul subappalto e, nello specifico, il limite quantitativo che il Legislatore nazionale ha imposto all’appaltatore che voglia affidare a terzi l’esecuzione di parte delle prestazioni.

Al riguardo, l’art. 105 del nuovo Codice dispone al secondo comma che “l’eventuale subappalto non può superare la quota del 30 per cento dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture”, a differenza dell’art. 118 del D.Lgs. 163/2006 che prevedeva tale tetto per la sola “categoria prevalente”.

Una limitazione di analogo tenore non è, però, riscontrabile nella normativa europea di riferimento.

Ed ecco, allora, l’origine della questione perché l’art. 71 della Direttiva 2014/24/UE, nel regolare il contratto di subappalto, prevede sì delle limitazioni che possono essere introdotte dagli Stati membri rispetto alla normativa europea, ma senza fare riferimento alla quota dell’importo contrattuale subappaltabile.

In attesa che venga formalmente sollevata la questione pregiudiziale dinnanzi alla Corte di Giustizia, (infatti i giudici con la sentenza non definitiva in commento hanno sospeso il giudizio e preannunciato una separata ordinanza di rinvio all’Europa) è bene ricordare che le istituzioni europee si sono già pronunciate sul punto, nel senso di escludere la compatibilità con il diritto dell’Unione di limitazioni quantitative imposte dagli Stati membri.

Come ricordato dalla stessa Corte di Giustizia (sez. III, 14 luglio 2016, causa c- 406/14) con riferimento alla direttiva 2004/18/CE, ma le osservazioni formulate dai giudici europei possono essere estese anche alla Direttiva del 2014, il diritto europeo in materia di appalti pubblici “prevedendo la facoltà per gli offerenti di provare che, facendo affidamento sulle capacità di soggetti terzi, essi soddisfano i livelli minimi di capacità tecniche e professionali stabiliti dall’amministrazione aggiudicatrice, a condizione di dimostrare che, qualora l’appalto venga loro aggiudicato, disporranno effettivamente delle risorse necessarie per la sua esecuzione, risorse che non appartengono loro personalmente – sancisce la possibilità per gli offerenti di ricorrere al subappalto per l’esecuzione di un appalto, e ciò, in linea di principio, in modo illimitato”.

In tale contesto, l’amministrazione aggiudicatrice avrebbe il diritto, per quanto riguarda l’esecuzione di parti essenziali dell’appalto, di vietare il ricorso a subappaltatori qualora non sia riuscita a verificare le loro capacità in occasione della valutazione delle offerte e della selezione dell’aggiudicatario, ma non potrebbe imporre limitazioni al ricorso a subappaltatori per una parte dell’appalto, fissata in maniera astratta in una determinata percentuale dello stesso.

Tale principio è stato ribadito più di recente dalla Commissione Europea in risposta ad una denuncia sottoscritta da ANCE in cui si era rilevato il contrasto fra la normativa interna in materia di subappalto, fra cui la previsione del limite del 30 per cento, e il diritto UE.

Nella lettera trasmessa alle Autorità italiane (lettera della Commissione Europea n. 1572232 del 23/03/2017), la Direzione Generale del Mercato interno ha osservato che l’art. 105 del nuovo Codice, a differenza di quanto previsto a livello europeo, ove si consente espressamente il subappalto senza particolari limiti, sembra creare un sistema in cui il subappalto è in linea generale vietato poiché consentito solo con autorizzazione della stazione appaltante e nel limite massimo del 30 per cento dell’importo dell’opera.

E pensare che nella bozza del decreto correttivo un ripensamento dell’art. 105 c’era (era prevista la reintroduzione del limite del 30 per cento solo per la categoria prevalente), ma nella versione definitiva del testo la modifica è stata eliminata.

In definitiva, quindi, i giudici lombardi hanno riproposto all’attenzione europea la compatibilità di una norma il cui destino, anche alla luce dei precedenti, sembra a questo punto abbastanza segnato.

A meno che non si affermi la tesi del Governo italiano, che ha più volte sostenuto l’attuale disciplina del subappalto rilevando la particolare “sensibilità” della materia in termini di presidio della legalità e di lotta alla corruzione.

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Irene Picardi