Rito superaccelerato: il CGARS chiarisce quando è possibile impugnare con motivi aggiunti il provvedimento di aggiudicazione intervenuto nelle more di un giudizio introdotto ex art. 120, comma 2-bis, c.p.a.

Commento al CGARS, sez. giurisdiz., 14 febbraio 2020, n. 123

26 Febbraio 2020
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Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, con sentenza n. 123 del 14 febbraio 2020, ha avuto l’occasione di chiarire uno degli aspetti applicativi più dibattuti del rito superaccelerato, definendo se ed entro quali limiti sia ammissibile l’impugnazione con motivi aggiunti del provvedimento di aggiudicazione, intervenuto nelle more del giudizio introdotto ai sensi del comma 2 bis dell’art. 120 c.p.a.

Con la pronuncia in commento, il C.G.A. ha ritenuto ammissibile, in tali fattispecie, l’impugnazione con motivi aggiunti del provvedimento di aggiudicazione, se il ricorso avverso i provvedimenti di ammissione/esclusione, introdotto ex art. 120, comma 2-bis, c.p.a., è ancora pendente e se le censure derivano dai vizi della fase di individuazione dei concorrenti ammessi.

La tematica conserva attualità pur dopo l’intervenuta abrogazione ad opera dell’art. 1, comma 23, D.L. n. 32/2019 (c.d. decreto “sblocca cantieri”), soprattutto se si pensa a quella giurisprudenza secondo cui il rito continuerebbe ad applicarsi, anche nel caso di giudizi instaurati successivamente all’entrata in vigore del decreto legge n. 32/2019, qualora il provvedimento di ammissione/esclusione sia stato adottato prima dell’entrata in vigore del suddetto decreto (in questo senso l’ordinanza del T.a.r. Lazio, Roma, n. 7258 dell’8 novembre 2019, commentata su questo sito).

La possibilità di utilizzare lo strumento dei motivi aggiunti in simili fattispecie ha diviso la giurisprudenza sin dai primi tempi di applicazione del rito introdotto dal d.lgs. n. 50/2016 e ciò anche in considerazione dell’interpretazione da fornire rispetto alla formulazione dell’art. 120, comma 7, c.p.a., nel testo allora vigente e applicabile ratione temporis al caso di specie, secondo cui «ad eccezione dei casi previsti al comma 2-bis, i nuovi atti attinenti la medesima procedura di gara devono essere impugnati con ricorso per motivi aggiunti».

Secondo parte della giurisprudenza sarebbe irrituale il ricorso, in casi come quello di specie, ai motivi aggiunti: in questo senso, si era espresso, ad esempio, il T.a.r. Lazio, Roma, Sez. I-bis, 20 gennaio 2017, n. 1025. Il T.a.r. aveva ritenuto che il comma 7 dell’art. 120 c.p.c. escludesse la possibilità di impugnare con motivi aggiunti, nell’ambito di un ricorso introdotto con il rito superaccelerato, il provvedimento di aggiudicazione nelle more sopravvenuto, intendendosi per “motivi aggiunti” «nuove ragioni a sostegno delle domande già proposte» e sulla base anche della ratio del rito. L’obiettivo, infatti, sarebbe stato quello di deflazionare e semplificare il giudizio sul provvedimento di aggiudicazione, concentrando i motivi di censura solo su quest’ultimo, una volta consolidatisi gli effetti degli atti precedenti. Per questo motivo, il legislatore avrebbe inteso rinunciare ad avvalersi dello strumento dei motivi aggiunti per il rito “superspeciale”.

Lo stesso T.a.r. Lazio, con sentenza n. 9379 del 22.8.2017, aveva assunto una diversa prospettiva sul punto: non facendo propria un’istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia U.E., il T.a.r. aveva infatti affermato che l’art. 120, comma 7, c.p.a., dovesse essere interpretato nel senso di riconoscere alla parte ricorrente la facoltà (e non l’obbligo) di proporre autonoma impugnativa avverso il provvedimento di aggiudicazione della gara, eventualmente sopraggiunto nel corso del non ancora esaurito giudizio sull’ammissione/esclusione di un concorrente, sussistendo comunque la possibilità o di un’impugnativa congiunta o della proposizione successiva di motivi aggiunti. Sulla possibilità di ricorrere ai motivi aggiunti, in questo senso, si erano spesi anche il T.a.r. Campania, sez. VIII, 19 gennaio 2017, n. 434, e il T.a.r. Puglia, sez. I, 7 dicembre 2016, n. 1367.

In questo secondo filone di pronunce, sia pure in modo più sfumato, si inserisce la sentenza oggi in commento: rispetto alle sentenze che avevano generalmente ammesso i motivi aggiunti, però, il C.G.A. fornisce alcune ulteriori precisazioni, recuperando alcune delle perplessità emerse grazie all’opposto orientamento “restrittivo” e tentando un’operazione di sintesi.

Innanzitutto, interpretando letteralmente il citato comma 7 dell’art. 120, il C.G.A. ha chiarito che la mancanza dell’obbligo di impugnazione con motivi aggiunti in relazione agli atti che seguono i provvedimenti di ammissione ed esclusione impugnati ai sensi dell’art. 120, comma 2-bis, c.p.a., non può costituire un divieto in tal senso. Il tenore letterale del comma 7, infatti, non si spinge oltre: l’unica indicazione che stabilisce è quella relativa all’eccezione rispetto all’obbligo di impugnare con motivi aggiunti gli atti successivi delle procedure di affidamento, non certo un divieto.

Tra l’obbligo e il divieto, dunque, vi è l’area grigia della possibilità.

Ad avviso del C.G.A., in breve, «il tenore letterale del comma 7 non supporta […], dal punto di vista letterale, la previsione del divieto di presentazione di motivi aggiunti successivi a un ricorso presentato ai sensi del comma 2 bis. Né la ratio dell’istituto introdotto con il comma 2 bis depone nel senso di interpretarlo quale divieto di impugnare i provvedimenti posteriori con motivi aggiunti».

Più in particolare, per il C.G.A., il permanere di tale possibilità deve essere ricollegato al caso in cui l’aggiudicazione, anziché intervenire dopo l’esaurimento del contenzioso relativo alle ammissioni e alle esclusioni, intervenga nelle more, determinando l’impossibilità che il quadro dei concorrenti sia definito prima dell’epilogo della gara e così vanificando lo scopo del rito superaccelerato di definire anticipatamente quella fase. In tal caso, il concorrente che abbia impugnato il provvedimento di ammissione/esclusione sarà tenuto a impugnare anche l’aggiudicazione nelle more intervenuta, avendo facoltà di farlo anche con motivi aggiunti.

Afferma il C.G.A., infatti, che «non può impedirsi che il ricorrente impugni con motivi aggiunti l’aggiudicazione se le censure derivano dai vizi della fase di individuazione dei concorrenti ammessi, né può specularmente evitarsi che il giudice provveda, in caso di ricorsi separati, alla riunione dei medesimi».

A favore di tali tesi, come ricordato dal C.G.A., militano evidenti ragioni di economia processuale, nonché i principi di ragionevole durata del processo, di effettività della tutela e di contenimento dei costi della parte.

Le esigenze messe in luce dal C.G.A. a sostegno della propria posizione appaiono del tutto condivisibili, così come condivisibile pare l’interpretazione letterale dell’art. 120, comma 7, c.p.a., inserita nella cornice di una ricostruzione ermeneutica che la riconduce a compatibilità con la ratio del rito e che costituisce una sintesi tra i due precedenti orientamenti giurisprudenziali.

Aldo Iannotti della Valle