L’adunanza plenaria si pronuncia sul tema della responsabilità della pa per la lesione dell’affidamento ingenerato nel destinatario di un provvedimento favorevole poi annullato in via giudiziale

Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 29 novembre 2021, n. 21

20 Dicembre 2021
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Aggiudicazione annullata in sede giurisdizionale – Responsabilità della PA – Risarcimento lesione legittimo affidamento – Limiti

Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 29 novembre 2021, n. 21

Nel settore delle procedure di affidamento di contratti pubblici, la responsabilità precontrattuale dell’amministrazione, derivante dalla violazione imputabile a sua colpa dei canoni generali di correttezza e buona fede, postula che il concorrente abbia maturato un ragionevole affidamento nella stipula del contratto, da valutare in relazione al grado di sviluppo della procedura, e che questo affidamento non sia a sua volta inficiato da colpa, dal momento che la partecipazione ad una procedura di gara non fonda per ciò sola una legittima aspettativa di aggiudicazione e di stipula del contratto

In caso di impugnazione dell’aggiudicazione definitiva della gara da parte di altro concorrente, l’originaria aggiudicataria assume il ruolo di controinteressata nel giudizio di annullamento ed in tale qualità, oltre ad acquisire consapevolezza della caducità del provvedimento conclusivo a sé favorevole, può difendere la legittimità delle clausole del bando di gara che hanno comportato l’esclusione dell’altro concorrente, dovendosi quindi escludere in tale ipotesi un suo affidamento incolpevole nel provvedimento illegittimo, il cui eventuale annullamento rappresenta un’evenienza non imprevedibile

La questione affrontata dall’Adunanza Plenaria

Con la pronuncia in oggetto, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato affronta il tema della responsabilità della pubblica amministrazione per l’affidamento suscitato nel destinatario di un provvedimento ampliativo illegittimamente emanato e poi annullato, con particolare riguardo all’ipotesi di aggiudicazione definitiva di appalto di lavori, servizi o forniture, successivamente revocata a seguito di una pronuncia giudiziale.

Nello specifico, la vicenda sottoposta all’esame del Supremo Consesso amministrativo trae origine da un ricorso risarcitorio avanzato dinanzi al TAR Campania – sede di Napoli da un operatore economico costituito in raggruppamento temporaneo di imprese in conseguenza di un’asserita lesione della tutela del proprio affidamento, ingenerato dall’aggiudicazione in suo favore di un appalto pubblico di lavori, successivamente revocata dalla stessa Stazione appaltante, unitamente al provvedimento di consegna anticipata dei lavori, in esecuzione di una pronuncia giudiziale del Consiglio di Stato.

La decisione del giudice di primo grado

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania – sede di Napoli, con sentenza del 3 ottobre 2012, n. 4017 ha parzialmente accolto il ricorso dell’originaria aggiudicataria della gara in esame, e, per l’effetto, ha condannato la Stazione appaltante al risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale cagionato alla parte privata, limitato al solo interesse negativo, ovvero alle spese inutilmente sostenute in previsione della conclusione del contratto e alle perdite sofferte per non aver usufruito di ulteriori occasioni contrattuali,.

A fondamento del parziale accoglimento della richiesta risarcitoria avanzata dall’originario aggiudicatario della gara, il giudice di primo grado ha, in particolare, rilevato che:

i) in termini generali, dalla revoca legittima dell’aggiudicazione può «residuare spazio per il risarcimento dei danni precontrattuali conseguenti alla lesione dell’affidamento ingenerato nell’impresa vittoriosa in seno alla procedura di evidenza pubblica poi rimossa», di cui l’amministrazione aggiudicatrice può rispondere ai sensi dell’art. 1337 cod. civ.;

ii) nel caso di specie, sussisteva la colpa della Stazione appaltante che aveva dato causa all’annullamento dell’aggiudicazione definitiva su ricorso dell’unica altra concorrente, inizialmente esclusa a causa dell’ambigua formulazione del bando di gara;

iii) la colpa accertata è più precisamente consistita nell’ambigua formulazione delle clausole relative alle modalità di esecuzione del sopralluogo e di presa visione degli atti di gara, che l’amministrazione aveva inteso come richiesta per tutte le imprese facenti parte del raggruppamento temporaneo e non della singola mandataria, come in effetti avvenuto, in assenza tuttavia di base testuale e in violazione del principio di massima partecipazione alle procedure di affidamento di contratti pubblici.

La Stazione appaltante ha impugnato tale pronuncia contestando, in via principale, di aver agito con la negligenza inquadrabile nella culpa in contrahendo ex art. 1337 cod. civ., e, in via subordinata, la quantificazione dei danni risarcibili.

Anche il ricorrente ha impugnato in via incidentale la pronuncia del TAR Campania censurando il capo della sentenza con cui era stata parzialmente rigettata la propria domanda risarcitoria.

L’Ordinanza di rimessione alla Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato da parte della Sezione II del Consiglio di Stato

Con l’Ordinanza 6 aprile 2021, n. 2753 la II Sezione del Consiglio di Stato ha dato atto dell’esistenza di orientamenti giurisprudenziali contrastanti in punto di diritto al risarcimento da lesione dell’affidamento verso un provvedimento amministrativo illegittimo, poi annullato in sede giurisdizionale.

Da un lato, difatti, una parte della giurisprudenza sostiene che la sentenza di annullamento del provvedimento amministrativo illegittimo «ha accertato l’assenza di un danno ingiusto, perché all’originario ricorrente non spettava l’ottenimento del bene della vita sotteso al suo interesse legittimo» (Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 17 gennaio 2014, n. 183; nello stesso senso cfr. anche Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 29 ottobre 2014, n. 5346) mentre, dall’altro lato, altra corrente giurisprudenziale è favorevole al riconoscimento della risarcibilità della lesione dell’affidamento del privato verso un provvedimento illegittimo, annullato in sede di autotutela o in sede giurisdizionale, seppur in presenza di stringenti limiti in tema di prova della colpa dell’amministrazione, del danno subito dall’istante e del nesso di causalità tra l’annullamento e il predetto danno (cfr. Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 20 dicembre 2017, n. 5980; Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 5 settembre 2011, n. 5002; T.a.r. Campania, Napoli, sezione VIII, sentenza 3 ottobre 2012, n. 4017, dove si riconduce, come nella sentenza impugnata, la tematica de qua alla responsabilità precontrattuale).

La Sezione II del Consiglio di Stato, pur affermando di aderire al primo degli enunciati orientamenti in ragione della circostanza che l’eventuale aspettativa dell’originaria aggiudicataria della gara non poteva ritenersi legittima “siccome basata su una pretesa non tutelata dall’ordinamento, non essendo saldata al diritto all’ottenimento del bene della vita, ovverosia la stipulazione di un lucroso contratto di appalto pubblico di lavori”, in ragione del richiamato contrasto giurisprudenziale, ha quindi deciso di rimettere all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, ai sensi dell’art. 99, comma 1, le seguenti questioni:

1) se in relazione ad un «favorevole provvedimento amministrativo annullato in sede giurisdizionale» sia possibile configurare un «legittimo e qualificato affidamento» tutelabile con un’azione risarcitoria nei confronti della pubblica amministrazione;

2) in caso positivo, in presenza di quali condizioni ed entro quali limiti può riconoscersi al privato un diritto al risarcimento per lesione dell’affidamento incolpevole, con particolare riferimento all’ipotesi di aggiudicazione definitiva di appalto di lavori, servizi o forniture successivamente revocata a seguito di una pronuncia giudiziale.

La decisione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato

Sul primo quesito

Con riferimento alla prima questione deferita dalla Sezione II, relativa alla possibilità che il provvedimento amministrativo possa essere per il soggetto beneficiario fonte di un «legittimo e qualificato affidamento», la cui lesione per effetto del successivo annullamento in sede giurisdizionale lo legittimi a domandare il risarcimento del danno nei confronti dell’amministrazione, l’Adunanza Plenaria ha dato risposta affermativa sulla base delle seguenti argomentazioni:

1) l’affidamento nella legittimità dei provvedimenti dell’amministrazione e più in generale sulla correttezza del suo operato è stato già riconosciuto in casi analoghi dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con le sentenze n. 6 del 5 settembre 2005 e n. 5 del 4 maggio 2018, sul presupposto che, nell’applicare le norme sull’evidenza pubblica, l’amministrazione sia anche soggetta alle «norme di correttezza di cui all’art. 1337 c.c. prescritte dal diritto comune» e che, pertanto, malgrado la legittimità del suo intervento in autotutela, la stessa sia comunque tenuta al risarcimento per la lesione dell’affidamento maturato dall’aggiudicataria sulla conclusione del contratto, una volta che la sua offerta sia stata selezionata in gara come la migliore e sia stato emesso a suo favore il provvedimento definitivo;

2) secondo i principi formulati nei precedenti sopra richiamati, dunque, l’accertamento di validità degli atti impugnati non implica che l’amministrazione sia esente da responsabilità per gli eventuali danni subiti dal privato destinatario degli stessi atteso che le regole di legittimità amministrativa e quelle di correttezza operano su piani distinti, uno relativo alla validità degli atti amministrativi e l’altro concernente invece la responsabilità dell’amministrazione e i connessi obblighi di protezione in favore della controparte;

3) l’affidamento è ormai considerato canone ordinatore anche dei comportamenti delle parti coinvolte nei rapporti di diritto amministrativo, ovvero quelli che si instaurano nell’esercizio del potere pubblico, sia nel corso del procedimento amministrativo sia dopo che sia stato emanato il provvedimento conclusivo;

4) sotto il profilo normativo, lo stesso art. 1, comma 2-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241, il quale dispone che: «(i) rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione sono improntati ai princìpi della collaborazione e della buona fede» ha positivizzato una regola di carattere generale dell’agire pubblicistico dell’amministrazione, che trae fondamento nei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento (art. 97, comma 2, Cost.) e che porta a compimento la concezione secondo cui il procedimento amministrativo sia il luogo di composizione del conflitto tra l’interesse pubblico primario e gli altri interessi, pubblici e privati, coinvolti nell’esercizio del primo con la conseguenza che “il dovere di collaborazione e di comportarsi secondo buona fede ha quindi portata bilaterale, perché sorge nell’ambito di una relazione che, sebbene asimmetrica, è nondimeno partecipata; ed in ragione di ciò esso si rivolge all’amministrazione e ai soggetti che a vario titolo intervengono nel procedimento”;

5) a fronte del dovere di collaborazione e di comportarsi secondo buona fede “possono pertanto sorgere aspettative, che per il privato istante si indirizzano all’utilità derivante dall’atto finale del procedimento, la cui frustrazione può essere per l’amministrazione fonte di responsabilità” non solo in caso di atto legittimo ma anche nel caso, come quello di specie, di atto illegittimo, poi annullato in sede giurisdizionale.

Sulla base di tali motivazioni, l’Adunanza Plenaria, con la pronuncia in rassegna, ha quindi espresso, con riferimento al primo quesito, il principio di diritto secondo cui: «nei rapporti di diritto amministrativo, inerenti al pubblico potere, è configurabile un affidamento del privato sul legittimo esercizio di tale potere e sull’operato dell’amministrazione conforme ai principi di correttezza e buona fede, fonte per quest’ultima di responsabilità non solo per comportamenti contrari ai canoni di origine civilistica ora richiamati, ma anche per il caso di provvedimento favorevole annullato su ricorso di terzi».

Sul secondo quesito

Con riguardo al secondo quesito posto dalla Sezione remittente, concernente i limiti entro cui può essere riconosciuto il risarcimento per lesione dell’affidamento, con particolare riguardo all’ipotesi di aggiudicazione definitiva di appalto di lavori, servizi o forniture, successivamente revocata a seguito di una pronuncia giudiziale, l’Adunanza Plenaria, dopo aver ripercorso i principali orientamenti della giurisprudenza sia amministrativa che civile sul tema della responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione nei confronti del privato, ha rilevato che:

1) il primo requisito dell’affidamento tutelabile va individuato nella sua ragionevolezza e nel correlato carattere ingiustificato del recesso mentre il secondo requisito consiste nel carattere colposo della condotta dell’amministrazione, nel senso che la violazione del dovere di correttezza e buona fede deve esserle imputabile quanto meno a colpa, secondo le regole generali valevoli in materia di responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 cod. civ.;

2) l’affidamento del concorrente, a sua volta, non deve essere inficiato da colpa secondo quanto stabilito dall’art. 1338 cod. civ., il quale assoggetta a responsabilità precontrattuale la «parte che, conoscendo o dovendo conoscere l’esistenza di una causa di invalidità del contratto, non ne ha dato notizia all’altra parte», ed in base al quale viene escluso il risarcimento se la conoscenza di una causa invalidante il contratto è comune ad entrambe le parti che conducono le trattative, poiché nessuna legittima aspettativa di positiva conclusione delle trattative può mai dirsi sorta;

3) l’elemento della colpevolezza dell’affidamento, si modula poi diversamente nel caso in cui l’annullamento dell’aggiudicazione non sia disposto d’ufficio dall’amministrazione ma in sede giurisdizionale come avvenuto nella vicenda in esame in quanto, in questo secondo caso, il beneficiario del provvedimento illegittimo, a seguito dell’azione di annullamento avanzata dal terzo, è posto nelle condizioni di conoscere la possibile illegittimità del provvedimento a sé favorevole e di poterlo difendere in sede giudiziale: in siffatta ipotesi, deve, pertanto, escludersi un affidamento incolpevole del destinatario del provvedimento illegittimo, dal momento che l’annullamento dell’atto per effetto dell’accoglimento del ricorso diviene un’evenienza non imprevedibile, di cui il medesimo “non può non tenere conto ed addirittura da questo avversata allorché deve resistere all’altrui ricorso”;

Alla stregua di tali rilievi, l’Adunanza Plenaria, con riguardo al secondo quesito, ha quindi affermato il seguente principio di diritto: «nel settore delle procedure di affidamento di contratti pubblici la responsabilità precontrattuale dell’amministrazione, derivante dalla violazione imputabile a sua colpa dei canoni generali di correttezza e buona fede, postula che il concorrente abbia maturato un ragionevole affidamento nella stipula del contratto, da valutare in relazione al grado di sviluppo della procedura, e che questo affidamento non sia a sua volta inficiato da colpa».

Gaetano Zurlo