Il principio della fiducia rafforza l’autonomia decisionale della stazione appaltante nella valutazione di affidabilità/inaffidabilità dell’operatore economico

Con la sentenza n. 204/2024 dell’11 marzo u.s., la I Sezione del T.A.R. Sardegna offre una prima interpretazione degli artt. 95, comma 1, lett. e) e 98 del d.lgs. n. 36/2023 alla luce del principio della fiducia codificato all’art. 2 del medesimo decreto legislativo.

19 Marzo 2024
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Premessa

Con la sentenza n. 204/2024 dell’11 marzo u.s., la I Sezione del T.A.R. Sardegna offre una prima interpretazione degli artt. 95, comma 1, lett. e) e 98 del d.lgs. n. 36/2023 alla luce del principio della fiducia codificato all’art. 2 del medesimo decreto legislativo.

I fatti di causa

La pronuncia origina dall’impugnazione di due provvedimenti di esclusione disposti, rispettivamente, a danno del primo e del secondo classificato, a causa dell’accertata commissione di un grave illecito professionale, che affondava le proprie radici nel precedente rapporto contrattuale intercorso con la stazione appaltante.
A detta dell’Amministrazione, nello specifico, i due operatori economici si erano resi inadempimenti – nel contesto di una precedente commessa, che si erano aggiudicati in RTI – agli impegni contrattualmente assunti, abbandonando il cantiere e rifiutando l’esecuzione di alcuni ordini di servizio. Ne era seguita la risoluzione del contratto per inadempimento, poi contestata giudizialmente.
Ad avviso delle due imprese, di contro, non solo la condotta del RTI aveva rappresentato una scelta obbligata in ragione dei cronici ritardi della stazione appaltante nella contabilizzazione delle lavorazioni (con conseguente mancata liquidazione dei corrispettivi maturati), ma entrambe avevano medio tempore conservato l’iscrizione nel sistema di qualificazione interno alla S.A. e avevano partecipato a diverse procedure indette dalla medesima stazione appaltante, aggiudicandosene persino alcune. Era, pertanto, evidente la contraddittorietà in cui era incorsa l’Amministrazione, atteso che, in altri contesti, la ridetta risoluzione contrattuale non aveva assunto carattere ostativo alla loro partecipazione ad altre procedure selettive indette dalla medesima stazione appaltante. L’Amministrazione non aveva, poi, considerato né il tempo trascorso dalla commissione delle condotte poste alla base della risoluzione contrattuale né la contestazione, in sede giurisdizionale, della medesima.

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La decisione del T.A.R.

Secondo i giudici di prime cure, la motivazione posta alla base dei provvedimenti impugnati risulta plausibile e scevra dai profili di irragionevolezza lamentati, atteso che, anche nella vigenza del nuovo Codice dei contratti pubblici, l’esclusione conseguente alla valutazione di inaffidabilità dell’operatore economico, dovuta alla commissione di gravi illeciti professionali, resta legata alla valutazione discrezionale della stazione appaltante.
È, difatti, quest’ultima il soggetto che fissa «il punto di rottura dell’affidamento nel pregresso o futuro contraente, perché è ad essa che è rimesso il potere di apprezzamento delle condotte dell’operatore economico che possono integrare un grave illecito professionale».
Peraltro, la valutazione di inaffidabilità si colora oggi di particolare pregnanza, considerato che «sotto il profilo semantico, il concetto stesso di “affidabilità” si predica riguardo a qualcuno che sia meritevole di “fiducia”, riflettendosi questo aspetto (…), sotto il profilo giuridico, nella lettura e nell’interpretazione dell’art. 98 del Codice alla luce del generale Principio della fiducia», con particolare riferimento all’art. 2, comma 2.
Poiché, infatti, il citato art. 2, al comma 2, stabilisce che «Il principio della fiducia favorisce e valorizza l’iniziativa e l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici, con particolare riferimento alle valutazioni e alle scelte per l’acquisizione e l’esecuzione delle prestazioni secondo il principio del risultato», ne segue che ne esce rafforzata l’autonomia decisionale dell’ente in relazione all’esercizio del potere di esclusione dell’operatore economico per inaffidabilità, rappresentando questo elemento un profilo che «impinge proprio e direttamente nel rapporto di fiducia che deve necessariamente intercorrere tra stazione appaltante e appaltatore».
D’altro canto, prosegue il Collegio, dal momento che la valutazione di affidabilità dell’operatore deve essere necessariamente apprezzata alla luce della singola procedura, del suo oggetto, delle condizioni contrattuali e del luogo di esecuzione della commessa, è ben possibile che un medesimo episodio venga valutato diversamente a seconda del contesto di riferimento, potendo la diversità – anche solo di parziali elementi tra diverse procedure (es. differente contesto territoriale) – giustificare un valutazione di affidabilità difforme, «senza che si possa solo per questo dire che l’uno o l’altro provvedimento è viziato da eccesso di potere».

Alcuni spunti di riflessione

Se l’obiettivo del Legislatore – per come dichiarato nella Relazione illustrativa in sede di commento all’art. 98 del Codice – era quello di eliminare «gli elementi di incertezza che hanno comportato un contenzioso imponente in materia», sembra, a una prima lettura della sentenza, che tale situazione sia destinata a perdurare.
Il passaggio motivazionale in cui si afferma che la valutazione di affidabilità del soggetto «può dare esiti diversi tra stazioni appaltanti e in relazione a procedure diverse» pare muoversi in una direzione diametralmente opposta a quella che vorrebbe assicurare stabilità e certezza del diritto, vieppiù perché, nel caso in esame, non sono state due stazioni appaltanti diverse ad esprimere due giudizi opposti sulla medesima vicenda professionale pregressa riferita a un determinato operatore economico, ma è stato lo stesso soggetto a rendere valutazioni contrastanti nell’ambito di differenti procedure competitive.
È, dunque, probabile che gli operatori economici tornino ad avvertire le preoccupazioni già segnalate sotto la vigenza del d.lgs. n. 50/2016, quando alcuni di loro lamentavano – anche per il tramite delle rispettive associazioni di categoria – l’assenza di uniformità nelle decisioni assunte dai diversi uffici comunali o dalle società da questi partecipate in merito all’interpretazione e all’applicazione dell’art. 80, comma 5, lett. c), tanto da confidare nell’adozione, da parte delle singole stazioni appaltanti, di “vademecum”o di “indirizzi operativi” che gli consentissero di “prevedere” l’esito dei giudizi discrezionali che sarebbero stati espressi sulla loro ammissione o esclusione dalla singola procedura di evidenza pubblica.

Chiara Pagliaroli