Il soccorso istruttorio processuale: origine ed evoluzione di un istituto che, ancora oggi, conserva la sua origine pretoria

A cura di Chiara Pagliaroli

Chiara Pagliaroli 20 Maggio 2024
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La sentenza della V Sezione del Consiglio di Stato n. 4162 del 9 maggio u.s. offre l’occasione per “ritornare” su un istituto, quale quello del soccorso istruttorio processuale, che – anche in seguito all’entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 36/2023) – continua a conservare la propria origine pretoria, in assenza di “puntuali regole legislative” (l’espressione è mutuata da Cons. Stato, Sez. III, 2 marzo 2017, nn. 975 e 976).

Nella pronuncia in esame, riferita all’impugnazione di un provvedimento di esclusione, il Collegio – dopo aver precisato che, in punto di fatto, risultava incontestato che il concorrente non avesse fornito, in sede di soccorso istruttorio, la comprova del possesso del requisito di capacità tecnica richiesto dalla lex specialis di gara (ndr. esperienza triennale nella gestione di servizi analoghi a quelli oggetto di affidamento, per un importo complessivo non inferiore al valore biennale della concessione) – ha ricordato che il mancato riscontro alle richieste istruttorie dell’Amministrazione non può essere sanato in sede extra-procedimentale neppure per il tramite del soccorso istruttorio processuale.

Tale rimedio – del tutto residuale ed extra ordinem (così T.A.R. Veneto, Sez. I, 4 settembre 2019, n. 954) – è, infatti, esperibile nella sola ipotesi di omessa o lacunosa attivazione del soccorso istruttorio procedimentale di cui agli artt. 101 del d.lgs. n. 36/2023 e 83, comma 9, del previgente d.lgs. n. 50/2016. In questo caso, il concorrente che documenti di essere in possesso dei requisiti sostanziali di ammissione alla procedura selettiva può comprovare, in sede giurisdizionale, che, se fosse stato attivato il sub-procedimento di soccorso istruttorio, avrebbe dimostrato di possedere tutti i requisiti di partecipazione (cfr. T.A.R. Piemonte, Sez. I, 22 gennaio 2021, n. 74).

Qualora, invece, il soccorso istruttorio sia stato attivato e l’operatore economico non ne abbia saputo fruire (ad esempio, perché non ha ottemperato alle richieste della stazione appaltante o vi ha ottemperato parzialmente), questi non può vantare alcuna pretesa alla concessione di una seconda “finestra di regolarizzazione” (così T.A.R. Veneto, n. 954/2019, cit.; Id., 28 dicembre 2018, n. 1215), poiché il preventivo esperimento del soccorso istruttorio procedimentale preclude l’utilizzo del soccorso istruttorio processuale (cfr. T.A.R. Molise, Sez. I, 3 aprile 2023, n. 99; T.A.R. Puglia Bari, Sez. III, 8 luglio 2022, n. 975; T.A.R. Lazio Roma, Sez. I-quater, 15 giugno 2020, n. 6584).

La citata preclusione sembra, peraltro, destinata a operare anche nell’eventualità in cui il soccorso istruttorio procedimentale non sia stato attivato in relazione a quello specifico errore materiale di cui si discute in giudizio, atteso che un simile errore avrebbe, comunque, “dovuto essere rilevato e rimediato dal concorrente in detta sede, che afferiva propriamente al possesso del requisito di cui trattasi, in adempimento al grado di diligenza richiesta all’operatore economico partecipante a una procedura di affidamento di contratti pubblici rispetto a fatti, stati e situazioni allo stesso riferibili” (così Cons. Stato, Sez. V, 8 gennaio 2021, n. 288).

Secondo l’elaborazione pretoria, in particolare, la scelta del legislatore di accedere a una lettura sostanzialistica della disciplina dei contratti pubblici, impedendo l’esclusione dalla procedura di gara per vizi meramente formali delle dichiarazioni, deve essere salvaguardata anche quando l’incompletezza della dichiarazione (di cui la stazione appaltante non si sia avveduta nel corso del confronto competitivo) venga dedotta come motivo di impugnazione del provvedimento di aggiudicazione, sempre che sussista la prova del possesso del requisito prescritto “fin dall’inizio della procedura di gara e per tutto il suo svolgimento”.

Di fronte a una simile eventualità, infatti, la successiva correzione o integrazione non comporta alcuna violazione del principio della par condicio, dal momento che, se la stazione appaltante avesse tempestivamente rilevato una simile lacuna, sarebbe dovuta intervenire in soccorso dell’offerente, essendo l’attivazione del soccorso istruttorio doverosa e obbligatoria. Inoltre, l’istituto è preordinato ad attestare l’esistenza di circostanze preesistenti, supplendo a carenze di natura formale o a inesattezze documentali, frutto o di meri errori o di imprecisioni imputabili alla formulazione degli atti di gara, così da non pregiudicare “l’operatore «impreciso», ma «affidabile»” (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 1° marzo 2024, n. 2042).

Al tempo stesso, va escluso che si possa lamentare una violazione del principio di segretezza delle offerte, considerato che l’integrazione è esclusa in relazione alla documentazione che compone l’offerta tecnica ed economica, non potendo il soccorso istruttorio riguardare i profili dell’offerta.

Di contro, laddove si negasse la possibilità di ricorrere al soccorso istruttorio processuale, gli effetti a cui si troverebbero esposti tanto la stazione appaltante, quanto l’operatore economico risulterebbero eccessivamente gravosi, oltre che irragionevoli e sproporzionati. L’Amministrazione, infatti, si vedrebbe – da un lato – privata della possibilità di conseguire il risultato perseguito con la procedura di gara, ossia l’“affidamento del contratto (…) con (…) il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo” (v. art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 36/2023) e – dall’altro – esposta al rischio di subire un’azione di condanna, sub specie di azione risarcitoria, mentre all’impresa verrebbe inibita la stipula del contratto, pur essendo in possesso di tutti i requisiti di partecipazione prescritti dalla lex specialis di gara.

È allora evidente che la questione si sposta sulle modalità con cui la disciplina del soccorso istruttorio può in concreto rilevare nel giudizio promosso dal concorrente che contesti l’illegittima ammissione alla procedura di gara dell’impresa aggiudicataria.
Se, infatti, il ricorrente che invoca l’esclusione dell’aggiudicatario può limitarsi ad addurre la mancanza o l’incompletezza della produzione documentale, collegando presuntivamente a tale lacuna una possibile carenza del requisito sostanziale, l’aggiudicatario, di contro, non può confidare in un’iniziativa d’ufficio del giudice (così Cons. Stato, n. 975/2017, cit.), ma deve rendersi parte diligente e attiva, se vuole paralizzare l’iniziativa avversaria tendente a ottenere la sua esclusione dalla gara.
Riflesso di tale impostazione è che, laddove la parte non si costituisca in giudizio, resta preclusa la possibilità di attivare il soccorso istruttorio processuale (cfr. T.A.R. Sicilia Catania, Sez. I, 21 luglio 2023, n. 2261). Il che, però, non equivale a dire che “è precluso l’esperimento del soccorso istruttorio nella successiva fase procedimentale che faccia seguito all’accoglimento del gravame mediante remand” (così T.A.R. Sicilia Catania, Sez. II, 24 gennaio 2024, n. 338).

Al tempo stesso, si ritiene che l’aggiudicatario – per evidenziare l’omessa attivazione del sub-procedimento di soccorso istruttorio – non debba necessariamente proporre un ricorso incidentale, ma possa limitarsi a “una deduzione difensiva, diretta a dimostrare, che, in ogni caso, sussiste il possesso dei requisiti sostanziali di partecipazione” (cfr. T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, Sez. I, 24 aprile 2023, n. 228; Cons. Stato, n. 975/2017, cit.).

Ciò si traduce, all’atto pratico, non già nella pura e semplice deduzione – in via teorica ed ipotetica – della violazione del principio del soccorso istruttorio, bensì nella concreta dimostrazione – nel rispetto dei principi generali in tema di riparto dell’onus probandi di cui all’art. 2697 c.c. e, in particolare, del principio di prossimità o di vicinanza della prova (così Cons. Stato, Sez. III, 14 gennaio 2019, n. 348) – della natura meramente formale dell’errore contenuto nella dichiarazione, ovverosia nella prova del possesso del requisito fin dal primo momento e, cioè, da quando è stata resa la dichiarazione irregolare, così da comprovare che, se il rimedio fosse stato correttamente attivato, il sub-procedimento di soccorso istruttorio avrebbe avuto esito favorevole.
Considerazioni pressoché analoghe possono, poi, svolgersi in relazione alla posizione dell’impresa che intenda contestare in giudizio l’esclusione dalla procedura di gara per mancata attivazione del sub-procedimento di soccorso istruttorio e invocare l’attivazione del soccorso istruttorio processuale. Anch’essa, infatti, dovrà dimostrare la natura meramente formale dell’omessa o incompleta dichiarazione, provando in giudizio di possedere il requisito sostanziale di partecipazione fin dal momento in cui avrebbe dovuto rendere la dichiarazione di fatto mancante, inesatta, irregolare o incompleta (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 10 aprile 2018, n. 2180).

In entrambi i casi, una volta fornita la prova (così Cons. Stato, Sez. V, 14 marzo 2019, n. 1690), sarà il Giudice ad esercitare i poteri istruttori “per accertare, nel corso del processo, ciò che avrebbe dovuto essere accertato dall’amministrazione durante il procedimento” (cfr. Cons. Stato, n. 2042/2024, cit.), verificando “se il vizio in questione sia esclusivamente formale oppure, al contrario, abbia carattere sostanziale” (così T.A.R. Puglia Bari, Sez. III, 8 luglio 2022, n. 975).

Ciò potrà, in concreto, accadere in presenza di un’attività vincolata, ossia quando “si tratti di operare un mero accertamento in merito alla sussistenza o meno del requisito mancante”, ben potendo, in questo caso, il Giudice sostituirsi all’Amministrazione. Viceversa, laddove tale verifica involga valutazioni di carattere tecnico-discrezionale che sfuggono al sindacato del giudice amministrativo, quest’ultimo dovrà limitarsi ad annullare il provvedimento gravato e gli atti di gara ad esso preordinati o presupposti, in modo da consentire alla stazione appaltante di assolvere agli incombenti su di essa gravanti, attivando il sub-procedimento di soccorso istruttorio (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 8 giugno 2018, n. 3483).

Ovviamente, l’istituto non può costituire – neppure nel contesto normativo delineatosi a seguito dell’entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici –  né “una sorta di impropria rimessione in termini per la produzione di documenti tecnici di carattere nuovo e diverso rispetto a quelli prodotti in gara” (così, ex multis, Cons. Stato, n. 2042/2024, cit.; Id., Sez. IV, 18 agosto 2023, n. 7812; Id., Sez. III, 19 agosto 2020, n. 5144), né trasformarsi in uno strumento per sanare carenze o inadempimenti di tipo sostanziale (cfr. T.A.R. Veneto, Sez. I, 11 ottobre 2021, n. 1202; T.A.R. Emilia Romagna Bologna, Sez. I, 11 ottobre 2021, n. 834) oppure per modificare il contenuto negoziale dell’offerta (così T.A.R. Lombardia Brescia, Sez. I, 10 febbraio 2021, n. 143).

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