L’escussione della garanzia ex art. 93, comma 6, del D.Lgs. n. 50/2016… un dilemma ancora tutto da risolvere

Consiglio a Consiglio di Stato – Sez. IV, sentenza non definitiva del 4 gennaio 2022 n. 26

19 Gennaio 2022
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Il Consiglio di Stato ha avvertito l’esigenza, una volta per tutte, di porre all’attenzione dell’Adunanza Plenaria un tema riguardante i soggetti rispetto ai quali sia possibile o meno procedere con l’escussione della garanzia rilasciata per poter partecipare al procedimento di gara.

E, infatti, dopo una sapiente disamina della disposizione normativa dell’art. 93, comma 6, del codice dei contratti pubblici nella versione anteriore e posteriore all’intervento riformatore del d.lgs. n. 56 del 2017, traguardata anche alla luce dell’art. 48 del D.Lgs. n. 163/2006, l’attenzione è stata focalizzata sulla sussistenza di un “fatto riconducibile all’aggiudicatario” come elemento oggettivo presupposto per l’applicazione dell’escussione.

Una valutazione che il Supremo Consesso ha effettuato tenendo sempre presenti i diversi e significativi orientamenti giurisprudenziali, pure consolidatisi nel tempo, rispetto ai quali, però, occorre in via definitiva dare rilievo per individuare un’unica via da perseguire a chiarimento, per il futuro delle stazioni appaltanti, delle condotte da assumere in conto in relazione alla tipologia di soggetto che le compie: ovvero se sia rilevante che a commettere il “fatto” sia l’aggiudicatario in via definitiva ovvero anche colui che sia stato destinatario di una mera proposta di aggiudicazione poi revocata.

Il procedimento principale

Per poter comprendere la fattispecie oggetto di causa occorre partire dalla ricostruzione dei fatti i quali vedono partecipare alla procedura aperta indetta da un Comune per l’affidamento del servizio di raccolta, trasporto e spazzamento dei rifiuti urbani cinque concorrenti tra cui, appunto, l’appellante la quale, all’esito dell’apertura delle buste contenenti le offerte economiche, sarebbe stata individuata dalla commissione come destinataria della proposta di aggiudicazione.

Per l’esposta ragione, il Comune dava avvio ai controlli finalizzati a verificare il rispetto, da parte dell’aggiudicataria, dei requisiti di cui all’art. 80 d.lgs. n. 50 del 2016 e, con successiva determinazione del gennaio 2020, la escludeva dalla gara, alla luce di tre distinti e concorrenti profili riconducibili, in estrema sintesi, alla mancata comunicazione di determinati eventi contemplati dalla norma come potenziali causa di esclusione e comportanti “l’esistenza del motivo ostativo alla sottoscrizione del contratto per intervenuto rinvio a giudizio” di esponenti apicali, nonché “la violazione degli obblighi dichiarativi”.

Dopo avere deliberato di “non approvare” la proposta di aggiudicazione formulata dalla commissione giudicatrice, il Comune disponeva l’escussione della garanzia a suo tempo presentata dalla concorrente aggiudicataria, poi esclusa, a corredo dell’offerta, ai sensi dell’art. 93, comma 6, d.lgs. n. 50 del 2016.

La decisione del Consiglio di Stato.

Espletata la premessa di carattere fattuale, è utile comprendere l’origine giuridica del motivo di impugnazione che ha indotto il Collegio a portare il quesito dinanzi all’Adunanza Plenaria.

La decisione di primo grado è stata impugnata – tra i vari motivi – dalla concorrente in quanto la stessa ha dedotto di essere stata destinataria di una mera “proposta di aggiudicazione” e, dunque, facendo riferimento alla lettera della norma di cui all’art. 93 del D.Lgs. n. 50/2016, avrebbe dovuto escludersi l’escussione della garanzia che, invece, sarebbe misura destinata a colpire esclusivamente l’aggiudicatario definitivo.

L’interpretazione letterale offerta dall’appellante sarebbe suffragata dal raffronto con la disposizione del vecchio codice, l’art. 48, comma 1, del D.Lgs. n. 163/2006, che individuava in ogni “concorrente” il destinatario della misura sanzionatoria così consentendo di escludere che analoga estensione avesse trovato sede anche nell’attuale normativa.

Orbene, l’approccio della pronuncia in disamina è stato concretamente rivolto allo scrutinio dell’art. 93 del codice nell’attuale formulazione, per come modificato dal d.lgs. n. 56 del 2017, ai sensi del quale: “La garanzia copre la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione dovuta ad ogni fatto riconducibile all’affidatario o all’adozione di informazione antimafia interdittiva emessa ai sensi degli articoli 84 e 91 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159; la garanzia è svincolata automaticamente al momento della sottoscrizione del contratto”.

Nella precedente versione della disposizione era previsto che: “La garanzia copre la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione, per fatto dell’affidatario riconducibile ad una condotta connotata da dolo o colpa grave, ed è svincolata automaticamente al momento della sottoscrizione del contratto medesimo”.

Il Supremo Consesso ha dato rilievo alla espunzione, nel vigente testo, di ogni riferimento all’elemento soggettivo dell’affidatario, viceversa contemplato nella precedente versione, ritenendo l’attuale norma essenziale per disporre l’escussione la sussistenza di un “fatto riconducibile all’affidatario”, ovvero “l’adozione di informazione antimafia interdittiva” con una concezione meramente oggettiva dei presupposti per l’applicazione dell’escussione, cui è estranea ogni valutazione circa la colpevolezza di tale “fatto”, inteso, a differenza di quanto avviene per l’“atto”, quale mero accadimento materiale privo del carattere volontaristico dell’azione posta in essere dal soggetto.

Da ciò il Consiglio di Stato ha fatto conseguire che la misura dell’escussione si applica automaticamente al verificarsi di un qualsiasi fatto riconducibile alla sfera dell’aggiudicatario che abbia impedito la stipula del contratto. In quanto tale l’escussione non avrebbe, quindi, quel carattere sanzionatorio, prettamente di tipo amministrativo, ma pur sempre a carattere punitivo che, invece, avrebbe potuto assumere se si fosse dato rilievo all’elemento della volontà che altra parte della giurisprudenza, ampiamente citata nella pronuncia in commento, aveva sottolineato come preminente nella natura della escussione.

Lo stesso Consiglio di Stato non ha mancato peraltro di citare quegli orientamenti contrari i quali hanno sottolineato come l’incameramento della cauzione provvisoria sia una misura di carattere strettamente patrimoniale, senza un carattere sanzionatorio amministrativo nel senso proprio: “non ha infatti né carattere reintegrativo o ripristinatorio di un ordine violato, né di punizione per un illecito amministrativo previsto a tutela di un interesse generale […]. Essa ha il suo titolo e la sua causa nella violazione di regole e doveri contrattuali già espressamente accettati negli stretti confronti dell’amministrazione appaltante. La lata funzione sanzionatoria che sopra si è detta, dunque, inerisce al solo rapporto che si è costituito inter partes con l’amministrazione appaltante per effetto della domanda di partecipazione alla gara”.

Dalla esposizione delle diverse frange della giurisprudenza il Collegio ha tratto la propria conclusione secondo cui “l’escussione della garanzia è legittimamente disposta dalla stazione appaltante in ogni caso in cui la stipulazione del contratto non sia possibile a motivo di un “fatto” afferente alla sfera giuridica dell’aggiudicatario, quale ben può essere la mancanza o la perdita sopravvenuta dei requisiti cui la legge subordina la partecipazione ad una gara, senza che sia necessaria alcuna ulteriore indagine”.

Ciò posto, il vero fulcro della questione risiede a parere del medesimo Collegio nel distinto profilo della possibilità di equiparare o meno l’aggiudicatario propriamente detto al soggetto nei cui confronti sia stata semplicemente proposta l’aggiudicazione.

Non constando l’esistenza di precedenti sul punto e ritenendo che la lettura meramente letterale della norma operata dall’appellante potesse dar luogo a contrasti giurisprudenziali, il Collegio ha ritenuto che fosse prudenziale deferire la questione all’Adunanza plenaria, in ossequio alla funzione nomofilattica del Consiglio di Stato, nell’interesse non solo degli operatori del settore, ma del diritto oggettivo nel suo complesso.

A tal proposito, la Sezione del Consiglio di Stato non ha mancato di fornire comunque indicazioni circa il proprio orientamento, affermando sulla base di un’esegesi di carattere logico-sistematico e teleologico della disposizione, che emergerebbe “plasticamente l’assoluta identità, ai fini de quibus, tra la situazione dell’aggiudicatario e quella in cui versa il soggetto “proposto per l’aggiudicazione” che, tuttavia, si sia visto rifiutare la formale aggiudicazione, con contestuale esclusione dalla procedura, poiché, all’esito dei controlli operati dalla stazione appaltante proprio in vista della stipulazione del contratto, sia emersa l’assenza, non importa se originaria o sopravvenuta, dei necessari requisiti di legge.

In un caso siffatto, invero, la mancata stipulazione del contratto consegue in via diretta, immediata ed esclusiva ad un “fatto” del soggetto già proposto per l’aggiudicazione (dunque già individuato come vincitore della selezione), risultato privo di uno dei requisiti necessari per la stessa partecipazione alla gara”.

L’esegesi proposta non determinerebbe, a parere del Collegio, alcuna violazione della disposizione – la cui natura non sanzionatoria, peraltro, non impone alcun rigido perimetro all’interprete – ma, al contrario, ne trarrebbe la norma più coerente con la più ampia cornice regolatoria recata dal corpus codicistico in cui la disposizione è contenuta.

Con un approccio di carattere sostanziale, infatti, si è voluto dare rilievo al defatigante sforzo dell’eventuale stazione appaltante che, dopo la proposta di aggiudicazione, si trovi a effettuare le verifiche del rispetto dei requisiti e a scoprire di dover disporre l’esclusione del concorrente proprio per il mancato rispetto delle disposizioni di legge.

In pratica, che si tratti di un soggetto destinatario di una proposta di aggiudicazione o di un aggiudicatario in via definitiva, non cambia il risultato, giacchè il pregiudizio resta sempre lo stesso ed è quello conseguente alla mancata stipula del contratto.

Sulla scorta di tale rilievo il quesito al quale l’Adunanza Plenaria è tenuta a fornire un significativo riscontro risulta essere il seguente: “se l’art. 93, comma 6, d.lgs. n. 50 del 2016 possa (recte, debba) trovare applicazione non solo nei confronti del soggetto cui sia già stata definitivamente aggiudicata la gara, ma anche nei confronti del soggetto che la commissione giudicatrice, dopo le valutazioni di spettanza, abbia proposto per l’aggiudicazione”.

Documenti collegati

Consiglio a Consiglio di Stato – Sez. IV, sentenza non definitiva del 4 gennaio 2022 n. 26
Contratti della Pubblica amministrazione – Garanzia – Escussione – Concorrente proposto per l’aggiudicazione – Possibilità – Rimessione all’Adunanza plenaria

 

Maria Teresa Della Vittoria Scarpati