Sull’ammissibilità dell’immediata impugnazione del bando volta a contestare la configurabilità economico-giuridica

Consiglio di Stato, Sez. III, 6 ottobre 2023, n. 8718

31 Ottobre 2023
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Clausole escludenti – Erronea configurazione giuridica del rapporto da instaurarsi all’esito dell’affidamento – Assoluta insostenibilità economica della base d’asta – Condizioni di non sostenibilità economica – Misura interdittiva di divieto di contrarre con la p.a. ex art. 289-bis c.p.p. – Individuazione dei controinteressati

Qualora l’impresa ricorrente contesti l’errata configurazione economico-giuridica del rapporto (ad esempio, concessione di servizi anziché appalto di servizi, nella forma del leasing operativo) e l’inadeguatezza dell’importo a base di gara, ricorrono le condizioni di non sostenibilità economica oggettivamente impeditive della partecipazione che la nota e condivisa giurisprudenza equipara alle così dette “clausole escludenti” agli effetti processuali dell’impugnabilità immediata del bando, in quanto incidenti direttamente, con assoluta e oggettiva certezza, sull’interesse delle imprese di settore, in quanto preclusive, per ragioni oggettive e non di normale alea contrattuale, di un’utile partecipazione alla gara.

Come ribadito di recente da questa Sezione (Cons. Stato, sez. III, 26 aprile 2022, n. 3191, che ha ritenuto ammissibile un ricorso che deduceva l’incongruità e la non remuneratività del prezzo posto a base della procedura ad evidenza pubblica in ragione degli intervenuti aumenti del costo del lavoro derivanti dalla sottoscrizione di un nuovo CCNL), alla stregua dei criteri di giudizio definiti dalla pronuncia dell’Adunanza plenaria 26 aprile 2018, n. 4, può considerarsi “immediatamente escludente la legge di una gara di appalto che preveda una base d’asta insufficiente alla copertura dei costi o alla remunerazione del capitale impegnato per l’esecuzione della commessa ovvero che escluda un sia pur minimo margine di utile ed, a maggior ragione, che comporti l’esecuzione in perdita (Cons. Stato, III, 21 febbraio 2019, n. 513; id., III, 26 febbraio 2019, n. 1331; id., V, 25 novembre 2019, n. 8033, e da ultimo Cons. Stato, III, Sez. V, 8 gennaio 2021, n. 284)”.

In caso di ricorso non già diretto a conseguire immediatamente e attualmente un contratto con l’Amministrazione, e dunque a contrattare con la p.a., ma diretto solo a impedire che l’appalto sia illegittimamente sottratto al mercato e assegnato sulla base di una procedura impeditiva di una corretta partecipazione da parte degli operatori economici del settore, l’adozione della misura interdittiva di divieto di contrarre con la p.a. ex art. 289-bis c.p.p. a carico dell’impresa ricorrente non preclude la valida proposizione dell’azione, trattandosi di misura interdittiva incidente sulla capacità a contrarre con la p.a., ma non anche sulla legittimazione ad agire dell’impresa del settore a tutela dei propri interessi aziendali.

In altri termini, ove la ricorrente faceva valere il proprio interesse “strumentale” alla riedizione della procedura attraverso una nuova disciplina di gara immune dai vizi “escludenti” denunciati, la legittimazione e l’interesse a ricorrere vanno calibrati con riferimento non già alla specifica procedura di che trattasi e ai tempi e alle condizioni del suo svolgimento, bensì alla semplice posizione di operatore economico del settore della ricorrente, e dunque indipendentemente da vicende contingenti che potrebbero precluderle la stipulazione di contratti pubblici in un determinato momento storico.

L’impugnazione della lex specialis “escludente”, da parte di un operatore economico che non ha partecipato alla procedura, non implica l’onere di notifica ai controinteressati, non individuabili: questi, semmai, possono sopravvenire allorché debba essere impugnata con motivi aggiunti l’aggiudicazione che conclude la gara.

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