Sui limiti di ammissibilità delle varianti in corso di esecuzione

Consiglio di Stato, Sez. V, 23 settembre 2019, n. 6326

9 Ottobre 2019
Scarica PDF Stampa
Modifica zoom
100%

Consiglio di Stato, Sez. V, 23 settembre 2019, n. 6326

Con questa recente pronuncia, il Consiglio di Stato ha dichiarato convalidato l’adozione di una variante contrattuale ai sensi dell’art. 106, comma 1, lett. c) del d.lgs. n. 50/2016 nell’ipotesi in cui l’Amministrazione, a fronte di una sopravvenienza normativa, sia trovata nella condizione di dover garantire la prosecuzione del servizio nelle more dell’aggiudicazione della nuova procedura di gara. 

La pronuncia in commento trae origine dall’appalto indetto per il servizio di sorveglianza presso il Porto commerciale di Salerno da parte della competente Autorità Portuale (al tempo della gara, l’Autorità Portuale di Salerno).

La ricorrente, gestore uscente del servizio (in scadenza), ne aveva richiesto la proroga nelle more dell’indizione e svolgimento della nuova gara; la Stazione appaltante (che, a seguito dell’unificazione delle competenze nelle more disposta a mezzo dell’art. 22 del d.lgs. n. 169/2016, era divenuta Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale di Napoli, Salerno e Castellamare di Stabia, competente in relazione a tutti e tre i porti) le aveva negato la proroga, optando invece per l’assegnazione del servizio, ai sensi dell’art. 106, comma 1 lett. c) del d.lgs. n. 50/2016, all’aggiudicatario dell’analoga procedura indetta ed aggiudicata, sempre da quest’ultima, per il Porto di Napoli.

La disposizione di cui alla lett. c) dell’art. 106 disciplina l’ipotesi delle cd. varianti, riconoscendo la possibilità per la Stazione appaltante di modificare un contratto in corso di esecuzione qualora: a) ricorrano circostanze impreviste e imprevedibili, non dipendenti dall’Amministrazione che ha aggiudicato il contratto, fra le quali può rientrare anche la sopravvenienza di nuove disposizioni legislative e, b) la modifica non alteri la natura generale del contratto. Il comma 7 della stessa norma introduce poi anche un limite quantitativo, stabilendo che in ogni caso il contratto può essere modificato solo entro i limiti del 50% del valore del contratto iniziale.

Il gestore uscente del servizio presso il Porto di Salerno, ritenendo che l’opzione prescelta dall’Autorità travalicasse i limiti della disposizione di cui all’art. 106 del codice dei contratti pubbligi, ha impugnato innanzi il TAR Campania il provvedimento di diniego di proroga e, poi, con motivi aggiunti, l’atto di estensione contrattuale ai sensi dell’art. 106 in favore dell’aggiudicatario del servizio presso il Porto di Napoli.

Il Consiglio di Stato, così come il TAR campano in primo grado, ha dichiarato infondate le doglianze dell’appellante in quanto sono stati ritenuti sussistenti tutti gli estremi affinché la variante potesse essere legittimamente disposta.

In particolare hanno ricordato i Giudici come al fine di valutare se ricorrano i presupposti per la variante, debbano essere valutati due elementi: il primo – di carattere positivo –  riguarda l’accertamento di se ed in che termini la norma sopravvenuta abbia inciso sull’andamento e sulle esigenze dell’amministrazione committente (in questo caso, dell’Autorità Portuale); il secondo – di carattere negativo – impone di valutare se l’Autorità avrebbe potuto governare diversamente la sopravvenienza, facendo ricorso ad altri strumenti messi a disposizione dall’ordinamento, anziché fare ricorso alla variazione contrattuale.

In merito al primo dei due, il Consiglio di Stato ha individuato l’elemento positivo nell’intervento della normativa di cui al d.lgs. n. 169/2016, che ha accorpato le competenze di due diverse autorità portuali, assegnando a quella titolare della gestione dei porti di Napoli e Castellamare di Stabia, anche la competenza sul porto di Salerno (precedentemente amministrato da altra autonoma autorità). In particolare, è stato ritenuto ragionevole che l’unificazione delle competenze potesse configurare la “sopravvenienza di nuove disposizioni legislative”, richiamata dall’Amministrazione come causa di fisiologici ritardi nell’organizzazione della nuova struttura amministrata, così come lungaggini nella programmazione delle future gare, che ha provocato la scadenza dei servizi in corso senza che fossero state già aggiudicate (in questo caso, neppure indette) le nuove procedure per l’affidamento del servizio.

Né tantomeno è stato ritenuto che – rispetto all’elemento negativo – vi fossero altre opzioni (“maggiormente legittime”) che l’Autorità avrebbe potuto (o “dovuto”, come sostenuto dal ricorrente) percorrere. Ed infatti, la pretesa del ricorrente/gestore uscente di voler ricostruire un proprio “diritto” alla proroga tecnica, quale strumento privilegiato per assicurare la prosecuzione del servizio nelle more dell’indizione della nuova gara, non è stata ritenuta fondata da Consiglio di Stato, che ha sul punto richiamato un orientamento uniforme secondo il quale “il ricorso alla proroga tecnica costituisce un’ipotesi del tutto eccezionale, utilizzabile solo qualora non sia possibile attivare i necessari meccanismi concorrenziali” (ex multis, Cons. Stato, V, 17 gennaio 2018, n. 274; III, 3 aprile 2017, n. 1521); tanto più che, nel caso sub iudice, la proroga non era neppure prevista dal contratto.

La sentenza in commento (così come una quasi contestuale pronuncia del TAR Lazio avente analogo oggetto, la n. 11295 del 24 settembre 2019, relativa alla legittimità dell’affidamento del servizio di vigilanza presso il Nuovo Ospedale dei Castelli, avvenuto anche in quel caso ai sensi dell’art. 106) dimostra il crescente interesse e la maggiore familiarità che le Amministrazioni stanno maturando nei confronti del sistema delle variazioni contrattuali, anche nel mondo dei servizi; con l’avvento del nuovo Codice e con lo strumento a maglie larghe offerto dall’art. 106 del Codice dei contratti pubblici, Amministrazioni ed operatori sono legittimati ad intervenire – a volte anche in modo pervasivo, seppure nei limiti normativamente imposti – sull’assetto contrattuale, potendolo adattare alle proprie mutate esigenze, senza dover necessariamente ricorrere ad una nuova procedura di gara, ma facendo ricorso piuttosto alla “rimodulazione” dei precedenti rapporti contrattuali.

Ed anzi, entrambi i precedenti richiamati dimostrano come ad oggi la giustizia amministrativa, se chiamata a decidere circa la regolarità della scelta tra proroga e variante contrattuale, sia molto più incline a ritenere conforme all’assetto normativo attuale ed ai principi di par condicio e buon andamento, l’estensione dell’oggetto contrattuale ex art. 106 (ovviamente, alla ricorrenza dei presupposti) piuttosto che la scelta di prorogare la durata temporale dei precedenti contratti.