La Legge Italiana sull’IA: tra ambizioni umanistiche e deleghe in bianco

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della Legge 23 settembre 2025, n. 132 (“Disposizioni e deleghe al Governo in materia di intelligenza artificiale”), l’Italia si dota di una cornice normativa nazionale sull’intelligenza artificiale, ponendosi in una posizione di avanguardia ma aprendo al contempo un complesso dialogo con il Regolamento europeo (AI Act).

Alessandro Massari 26 Settembre 2025
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Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della Legge 23 settembre 2025, n. 132 (“Disposizioni e deleghe al Governo in materia di intelligenza artificiale”), l’Italia si dota di una cornice normativa nazionale sull’intelligenza artificiale, ponendosi in una posizione di avanguardia ma aprendo al contempo un complesso dialogo con il Regolamento europeo (AI Act). 

La legge, che entrerà in vigore il 10 ottobre, interviene su settori strategici e introduce importanti deleghe al Governo, delineando un approccio “antropocentrico” che mira a bilanciare innovazione e tutela dei diritti fondamentali.

La nuova legge italiana sull’intelligenza artificiale (L. 132/2025) rappresenta un intervento normativo ambizioso. Non si limita a recepire i principi dell’AI Act europeo, ma introduce una disciplina specifica per settori chiave e delega al Governo il compito di definire aspetti cruciali, dall’addestramento degli algoritmi alla responsabilità civile. 

L’obiettivo dichiarato è promuovere uno sviluppo dell’IA che sia sicuro, affidabile, trasparente e rispettoso della dignità umana, ma l’articolato normativo presenta tanto punti di forza quanto potenziali criticità.

Indice

Struttura, principi e contenuti della L.132/2025

La legge italiana non si sovrappone all’AI Act (Regolamento UE 2024/1689), ma lo affianca, agendo negli spazi di competenza lasciati agli Stati membri.

Se l’AI Act definisce una classificazione dei sistemi di IA in base al rischio (inaccettabile, alto, limitato, minimo) e impone obblighi ai fornitori a livello europeo, la legge italiana si concentra su:

Settori specifici: sanità, lavoro, professioni intellettuali, pubblica amministrazione e giustizia.
Governance nazionale: istituzione di autorità di coordinamento e vigilanza.
Aspetti penalistici e di diritto d’autore: introduzione di nuove fattispecie di reato (“deepfake”) e aggravanti.
Deleghe al Governo: ampi mandati per disciplinare con decreti legislativi materie tecniche complesse.
Questo approccio “a doppio binario” permette di calare i principi europei nella realtà nazionale, ma richiederà un attento lavoro di coordinamento per evitare conflitti normativi.

1. Sanità e professioni intellettuali: l’uomo al centro
Uno dei pilastri della legge è il principio “antropocentrico”.
In ambito sanitario, l’IA è definita uno strumento di supporto, ma la decisione finale e la responsabilità rimangono impregiudicate in capo al professionista sanitario

Analogamente, per le professioni intellettuali (avvocati, commercialisti, etc.), l’uso dell’IA deve essere trasparente verso il cliente e il professionista resta l’unico responsabile.
Questa impostazione tutela la discrezionalità e la responsabilità umana in settori ad alto impatto. Sarà tuttavia complesso definire il confine tra “supporto” e “decisione automatizzata”, con importanti implicazioni in termini di responsabilità civile in caso di errore dell’algoritmo.

2. Pubblica Amministrazione e Giustizia
La legge promuove l’uso dell’IA per migliorare l’efficienza della P.A. e velocizzare i procedimenti, ma sempre nel rispetto dei principi di trasparenza e non discriminazione.
In ambito giudiziario, l’uso è consentito per attività organizzative e di ricerca, ma con limiti stringenti per quanto riguarda le decisioni giurisdizionali, che restano prerogativa del giudice.

L’apertura all’innovazione nella P.A. è un passo necessario, tuttavia l’eccessiva delega al Governo su questi punti rimanda decisioni cruciali, rischiando di rallentare l’adozione di strumenti utili.

L’approccio del legislatore italiano all’introduzione dell’IA nella Pubblica Amministrazione è guidato da una dualità fondamentale: da un lato, l’enorme potenziale di efficientamento e modernizzazione; dall’altro, la necessità di garantire che la tecnologia rimanga uno strumento al servizio del cittadino e non diventi un decisore opaco e insindacabile. La legge, quindi, non si limita a incoraggiare l’adozione dell’IA, ma costruisce un’architettura di principi e limiti molto precisa.

Lo scopo dichiarato della legge è utilizzare l’IA come leva per migliorare la macchina pubblica.

Gli obiettivi principali sono:
Aumentare l’efficienza: ridurre i tempi di definizione dei procedimenti amministrativi e ottimizzare l’uso delle risorse pubbliche.
Migliorare la qualità dei servizi: fornire a cittadini e imprese servizi più rapidi, personalizzati e accessibili.
Supportare il processo decisionale: fornire ai funzionari pubblici strumenti di analisi avanzata per prendere decisioni più informate.

3. I Principi cardine: le garanzie per il cittadino
Per evitare i rischi connessi a un’automazione indiscriminata, la legge stabilisce una serie di principi inderogabili che fungono da barriera a tutela dei diritti del cittadino.

a) Principio antropocentrico e della responsabilità umana: questo, come già riferito, è il pilastro del sistema. La legge stabilisce che l’IA può agire solo come strumento di supporto all’attività del funzionario pubblico. La decisione finale e la responsabilità del provvedimento amministrativo restano sempre e comunque in capo alla persona fisica. Viene così escluso il rischio di un “governo degli algoritmi”, dove la macchina sostituisce l’uomo in decisioni che incidono sui diritti dei cittadini. Il funzionario non può “nascondersi” dietro l’output dell’algoritmo.

b) Principio di trasparenza e conoscibilità: per contrastare l’effetto “scatola nera” (black box) degli algoritmi, la legge introduce un diritto alla trasparenza. Il cittadino coinvolto in un procedimento in cui viene utilizzata l’IA ha il diritto di:
Essere informato sull’impiego di tali sistemi.
Conoscere la logica di funzionamento dell’algoritmo e i criteri utilizzati per arrivare a una determinata conclusione o proposta. Le amministrazioni sono tenute a fornire queste informazioni in un linguaggio chiaro e comprensibile.

c) Principio di non discriminazione algoritmica: la legge pone un forte accento sulla necessità di prevenire che i sistemi di IA introducano o amplifichino pregiudizi e discriminazioni. È fatto divieto di utilizzare algoritmi che possano portare a decisioni discriminatorie basate su sesso, etnia, credo religioso, orientamento sessuale, condizioni personali o sociali. Le stazioni appaltanti dovranno garantire che i dati utilizzati per l’addestramento degli algoritmi siano rappresentativi e privi di “bias”.

d) Principio di proporzionalità e logicità: l’adozione di un sistema di IA deve essere sempre giustificata e proporzionata allo scopo che si intende perseguire. Non è ammesso un ricorso all’automazione per mere finalità esplorative o senza una chiara esigenza di miglioramento del servizio. La decisione dell’algoritmo deve essere inoltre logica, ragionevole e non arbitraria.

4. Diritto Penale: il reato di “deepfake” e le aggravanti
La legge introduce un’importante novità penalistica: l’aggravante comune per i reati commessi con l’ausilio di sistemi di IA. 
Viene inoltre disciplinato il reato di diffusione illecita di contenuti generati o manipolati con sistemi di IA (c.d. deepfake), volti a cagionare un danno ingiusto.

Si tratta di una risposta necessaria a fenomeni criminali emergenti, che tutela l’identità personale e la pubblica fede. La prova del nesso causale tra l’uso dell’IA e il reato potrebbe però rivelarsi piuttosto complessa in sede processuale.

5. Diritto d’Autore
Viene estesa la tutela del diritto d’autore alle opere dell’ingegno umano “create con l’ausilio dell’IA”, a condizione che rappresentino il risultato del lavoro intellettuale dell’autore.

Si cerca di dare una prima risposta al complesso tema della creatività computazionale. La norma lascia però aperto il dibattito su cosa costituisca un “lavoro intellettuale” sufficiente a rivendicare l’autorialità quando l’apporto dell’IA è preponderante.

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Conclusioni

La Legge n. 132/2025 è un provvedimento di grande rilevanza, che testimonia la volontà dell’Italia di non subire passivamente la rivoluzione tecnologica, ma di governarla.

L’approccio settoriale e il forte ancoraggio al principio antropocentrico sono elementi positivi.

Tuttavia, il massiccio ricorso alla delega in bianco al Governo su materie tecnicamente complesse e giuridicamente delicate (come l’addestramento degli algoritmi e la disciplina del danno) rappresenta la vera incognita. 

L’efficacia di questa legge dipenderà interamente dalla qualità e dalla tempestività dei futuri decreti legislativi, che dovranno tradurre i principi generali in regole operative chiare e applicabili, senza tradire lo spirito della norma e garantendo un costante allineamento con il quadro normativo europeo in continua evoluzione.

Nella materia dei contratti pubblici, pur in assenza di specifiche disposizioni, si evidenziano i principi generali per la P.A. contenuti nell’art. 14 (“Uso dell’intelligenza artificiale nella pubblica amministrazione”), e, in particolare il comma 2 “L’utilizzo dell’intelligenza artificiale avviene in funzione strumentale e di supporto all’attività provvedimentale, nel rispetto dell’autonomia e del potere  decisionale  della  persona  che  resta l’unica responsabile dei provvedimenti e dei procedimenti in cui  sia stata utilizzata l’intelligenza artificiale”. 

Disposizione, questa, che ripropone la distinzione già affermata di recente in giurisprudenza, nel settore degli appalti pubblici (Consiglio di Stato, sez. IV, 4 giugno 2025, n. 4857), tra “decisione algoritmica” e “supporto algoritmico” alla decisione umana.

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