Codice Appalti 2023: legittimo prevedere il divieto di ribasso sulle tariffe professionali minimi in applicazione della disciplina sull’equo compenso

A cura di Vincenzo Laudani

9 Maggio 2024
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La disciplina dell’equo compenso prevista dalla legge n. 49 del 2023 trova applicazione anche nei rapporti con le pubbliche amministrazioni, anche con riferimento ai contratti regolati dal Codice Appalti del 2023.

Non sussiste alcuna ipotesi di incompatibilità tra le due discipline, atteso che – a norma dell’art. 8 del Codice Appalti del 2023 – le pubbliche amministrazioni sono sempre tenute a garantire il rispetto della disciplina dell’equo compenso. Né una simile incompatibilità può essere desunta dal ricorso al criterio dell’offerta economica più vantaggiosa individuata secondo il rapporto qualità/prezzo, e ciò anche in quanto la Pubblica Amministrazione può legittimamente optare sia per il ribasso solo delle spese generali e accessorie sia per l’assenza di qualsiasi ribasso, ben potendo prevedersi la concorrenza fondata sui soli elementi qualitativi e non anche sul prezzo.

Infine, non può ritenersi sussistere alcun profilo di contrasto con la disciplina eurounitaria, la quale non vieta agli Stati membri di imporre degli onorari fissi purché questi non siano determinati in modo discriminatorio. Lo afferma il TAR Lazio nella sentenza n. 8580 del 30.4.2024.

Gli operatori economici, dunque, devono porre particolare attenzione nel definire i propri ribassi nelle procedure per l’affidamento di servizi professionali: la Stazione Appaltante, infatti, può legittimamente escluderli laddove rilevi che questi abbiano ribassato i compensi professionali, anche sulla base di quanto risultante dai giustificativi di offerta presentanti in sede di anomalia.

Indice

1. Il caso di specie e i motivi di ricorso.

L’Agenzia del Demanio indiceva una procedura di gara per l’affidamento di servizi di verifica della vulnerabilità sismica, di diagnosi energetica e di rilievi.
Il servizio sarebbe stato aggiudicato con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, prevedendosi l’attribuzione di punteggi sia per l’elemento tecnico/qualitativo che per quello economico. Rispetto a quest’ultimo il disciplinare di gara prevedeva il divieto di ribassare i compensi professionali, limitando la concorrenza sul prezzo solo ai corrispettivi previsti per lo svolgimento di attività propedeutiche a quella professionale come, ad esempio, le indagini strutturali e i carotaggi (1).
All’esito della procedura di gara risultava primo graduato un concorrente che aveva proposto un ribasso pari al 99,90%. La Stazione Appaltante rilevava l’anomalia dell’offerta e, pertanto, avviava il sub-procedimento di verifica richiedendo la produzione dei giustificativi.
L’operatore economico, in tal sede, indicava un importo per le spese propedeutiche ai servizi ben superiore a quello risultante dall’applicazione del ribasso all’importo posto a base d’asta (2). La Stazione Appaltante ne faceva discendere che il ribasso fosse stato applicato anche ai compensi professionali e disponeva l’esclusione dell’operatore economico (3).
Quest’ultimo impugnava l’esclusione con due motivi di ricorso.
Con il primo (e articolato) motivi di ricorso si affermava:

– Che i giustificativi presentati dimostrassero la sussistenza di un utile ampio e adeguato a coprire eventuali errori di costo, con la conseguenza che l’offerta sarebbe risultata in ogni caso congrua e sostenibile (4)

– Di avere dedotto in sede di giustificativi che avrebbe fatto ricorso, per l’esecuzione della commessa, al proprio personale professionale. Quest’ultimo sarebbe stato remunerato sulla base dei salari previsti dal CCNL di riferimento, con la conseguenza che sarebbe stato garantita la loro retribuzione in conformità alle disposizioni di legge e che, pertanto, era del tutto impropria l’affermazione per la quale il costo indicato per i servizi in misura superiore a quello risultante dal ribasso praticato avrebbe determinato un ribasso sulle voci di compenso (5)

– Che il Codice Appalti del 2023 ammetterebbe in ogni caso la possibilità di ribassare i compensi professionali (6);

– Che la disciplina dell’equo compenso si applicherebbe unicamente alle prestazioni professionali oggetto di un contratto d’opera e non anche alle prestazioni professionali oggetto di un appalto di servizi (7)

Con un secondo motivo di ricorso, espresso in via subordinata, l’operatore economico affermava che il divieto di ribasso sui compensi professionali costituirebbe una causa di esclusione non prevista dalla legge, con conseguente nullità delle previsioni della lex specialis. Secondo l’operatore economico la Stazione Appaltante avrebbe dovuto inoltre, in tal caso, adottare il criterio del prezzo fisso anziché prevedere la possibilità di esprimere ribassi (8).

2. Il giudizio del TAR

2.1. Il giudizio del TAR. L’anomalia e il contraddittorio con l’operatore economico.

Il TAR rigetta preliminarmente le considerazioni dell’operatore economico con cui si lamenta la violazione del principio del contraddittorio.
Il giudice amministrativo rileva che l’art. 110 del Codice Appalti del 2023 e l’art. 97 del Codice Appalti del 2016 non presenterebbero, limitatamente a tale profilo, differenze di rilievo, con conseguente piena applicabilità dei principi espressi dal Consiglio di Stato in materia anche alla nuova disciplina. Entrambe le norme, infatti, prevedono una sola interlocuzione tra Stazione Appaltante e operatore economico, consistente nella richiesta di giustificativi da parte della prima al secondo. Una volta acquisiti i giustificativi di offerta non vi è, di norma (9), alcuna necessità di ulteriori confronti con il soggetto privato: la Stazione Appaltante può eventualmente richiedere spiegazioni o chiarimenti, ma può anche disporre l’esclusione dell’operatore economico se ritiene che l’offerta sia effettivamente anomala anche sulla base dei giustificativi presentati (10).

Il giudizio, quindi, si deve concentrare non sugli aspetti procedimentali ma sull’aspetto sostanziale, ossia se effettivamente l’offerta in questione risulti anomala e violativa del principio dell’equo compenso o meno. Tanto più se si considera che nessun travisamento dei giustificativi è stato effettuato dalla Stazione Appaltante, tanto che la stessa ricorrente riconosce espressamente che i compensi previsti per i propri professionisti (risultanti dal CCNL applicato) sono inferiori a quelli previsti dalla disciplina dell’equo compenso.

2.2. Il giudizio del TAR. La ricostruzione della normativa sull’equo compenso.

La legge n. 49 del 2023, entrata in vigore il 25 maggio 2023, ha innovato la materia dei compensi minimi dovuti ai professionisti nei rapporti con committenti pubblici e privati.
La normativa in questione, senza pretese di esaustività:

– Si applica a tutte le prestazioni d’opera intellettuale previste dall’art. 2230 del Codice civile, e quindi anche alle prestazioni professionali non riservate a soggetti iscritti in appositi albi, anche se svolte da associazioni di professionisti o da società (11);

– Con riferimento ai rapporti con soggetti privati, si applica alle prestazioni svolte in favore di tutte le imprese bancarie e assicurative nonché alle prestazioni svolte in favore di imprese diverse dalle piccole (12);

– Si applica a tutti i rapporti con le Pubbliche Amministrazioni e alle relative società controllate (13);

– Non si applica alle società di cartolarizzazione e agli agenti della riscossione, ma questi ultimi sono comunque tenuti a garantire un compenso adeguato (14);

– Prevede la nullità di qualsiasi clausola che stabilisca compensi inferiori a quelli definiti dai parametri applicabili alle prestazioni professionali, anche se non soggette ad obbligo di iscrizione ad albi (15).
Da rilevare che la normativa in questione sembrerebbe prevedere una deroga ai criteri per l’individuazione del TAR competente per territorio (16): la contestazione dell’esito della gara, limitatamente alla definizione del compenso, andrebbe effettuata dinnanzi al tribunale competente per il luogo ove gli ha la residenza o il domicilio. E’ probabile, invero, che il legislatore sia incorso in una cattiva formulazione della norma e in tal senso depone la scheda di lettura del testo presentata alla Camera, laddove fa riferimento all’azione <<per far valere la nullità della pattuizione>> (17), espressione che presuppone l’avvenuta stipula del contratto con conseguente definizione della giurisdizione ordinaria.

2.3. Il giudizio del TAR. La normativa sull’equo compenso. I dubbi di legittimità comunitaria.

Sin dalla prima applicazione della normativa, anche con riferimento ad aspetti diversi dalla contrattualistica pubblica, sono emersi dubbi sulla compatibilità della disciplina con il diritto eurounitario, dubbi che sono stati posti dal ricorrente a fondamento della propria tesi.
Sotto un primo profilo, si è affermato che la normativa in questione si porrebbe in contrasto con gli articoli 49 e 101 del TFUE, in particolare per violazione del principio di concorrenza. Sul punto il TAR Lazio richiama quanto già affermato in una delle prime pronunce sul tema dell’equo compenso, che ha avuto modo di fugare tali dubbi sia in quanto la disciplina sull’equo compenso consente comunque di concorrere su alcuni aspetti economici come le spese generali (e così prevedeva la disciplina di gara nel caso di specie) sia perché la concorrenza non andrebbe intesa solo come concorrenza sul prezzo, ma come concorrenza su tutti gli aspetti che definiscono la prestazione e, in particolare, come concorrenza tecnico-qualitativa. Tale aspetto, tutt’altro che determinare effetti anticoncorrenziali, determinerebbe invece una maggiore attrattiva del mercato pubblico, garantendo maggiori compensi per l’operatore economico (18).

Questa impostazione non comporterebbe inoltre alcuna violazione del diritto europeo ed anzi sarebbe ad esso pienamente conforme, dato che le Direttive del 2014 hanno avuto modo di superare un’impostazione economistica in favore di un’impostazione che privilegi la qualità delle prestazioni (19), prevedendo esplicitamente la possibilità per i legislatori di definire dei prezzi fissi nell’ambito della contrattualistica pubblica (20).

Si è sostenuto in senso contrario che la CGUE si sarebbe pronunciata per l’incompatibilità con il diritto europeo di normative nazionali che prevedano prezzi fissi per prestazioni professionali. Si citano, a sostegno di tale tesi, le sentenze Commissione Europea c. Repubblica Federale (21) e Em akaunt BG EOOD (22).

Rispetto alla prima va evidenziato che la stessa effettivamente sembra deporre nel senso di una possibile illegittimità della disciplina dell’equo compenso, ma limitatamente alla sua estensione anche alle professioni non regolamentate. Infatti, la sentenza in questione ha affermato che una politica di fissazione di tariffe minime è legittima se persegue l’obiettivo di garantire la qualità delle prestazioni svolte, ma non lo è se non sussistono limiti di accesso a quel determinato settore di mercato. L’assenza di limiti di accesso contrasterebbe infatti con un’esigenza di garanzia di qualità del settore, determinando quindi una non proporzionalità della misura in questione (23).

Con la conseguente affermazione della dicotomia professione riservata – tariffe minime, per la quale il primo elemento è condizione necessaria per la legittimità del secondo. Come si è visto, la disciplina dell’equo compenso si applica anche alle professioni non regolamentate, elemento questo che potrebbe esporla ad un profilo di contrasto con il diritto eurounitario. Il giudice amministrativo, con la pronuncia in commento e (a parere di chi scrive, erroneamente) afferma invece genericamente che la sentenza avrebbe riconosciuto un potere di introdurre tariffe minime per le prestazioni professionali purché volte alla realizzazione di un interesse generale (24).

Tale principio va, per quanto si è detto in precedenza, ridimensionato, fermo restando che tale ridimensionamento non comporta una diversa soluzione del caso di specie, avente ad oggetto lo svolgimento di servizi di ingegneria e di architettura con previsione di possibilità di ribasso su prestazioni non aventi natura professionale.

Rispetto alla seconda pronuncia, essa verte su un caso specifico, relativo ad una fissazione di importi minimi per prestazioni legali da parte della Bulgaria. Tale sentenza apparentemente vieta in linea generale la possibilità di definire tariffe professionali minime, ma in realtà essa vieta la possibilità unicamente per un soggetto composto da privati di imporre delle tariffe professionali minime in assenza di qualsiasi controllo o validazione di un soggetto pubblico (25).

E’ tale assenza di controllo a determinare l’illegittimità della fissazione di importi minimi nel caso sottoposto alla CGUE, perché da questa discende una equiparazione ad un accordo tra privati volto a limitare la concorrenza (26).

Tale aspetto è determinante perché marca la non applicabilità del principio espresso alla disciplina sull’equo compenso italiana, in cui invece le tariffe minime vengono determinate da un’autorità pubblica.

2.4. Il giudizio del TAR. La normativa sull’equo compenso. La compatibilità con gli obiettivi perseguiti dal Codice Appalti del 2023 sotto il profilo teleologico/funzionalistico.

La ricorrente sostiene che la normativa sull’equo compenso sarebbe incompatibile con gli obiettivi perseguiti dalla contrattualistica pubblica. Quest’ultima, in particolare, garantirebbe la tutela della remuneratività delle prestazioni mediante il meccanismo dell’esclusione delle offerte anomale, con la conseguenza che in questo settore non vi sarebbe alcuna necessità di tutelare i professionisti da una concorrenza sul prezzo al ribasso (cd. Race to the bottom) (27).

Il giudice amministrativo esclude una simile incompatibilità. La disciplina sull’equo compenso non va infatti interpretata solo come tutela della remunerazione del professionista, ma come tutela della qualità delle prestazioni, che possono essere compromesse quando il professionista è obbligato, per acquisire la commessa, a privilegiare la competizione sul prezzo rispetto a quella sul servizio. D’altronde, lo stesso giudizio di anomalia svolge una finalità di tutela della qualità delle prestazioni, dal che emerge che nel sistema della contrattualistica pubblica la tutela della qualità rispetto al prezzo è un obiettivo legittimo ed equo (28).
Ragionamento che sconta comunque un certo grado di approssimazione (e che anzi sembra quasi confermare la tesi della ricorrente su una sorta di non proporzionalità della misura, elemento questo che potrebbe deporre per un ulteriore profilo di illegittimità comunitaria della disciplina).

2.5. Il giudizio del TAR. La normativa sull’equo compenso. La compatibilità testuale con il Codice del 2023

Il TAR evidenzia, in ogni caso, come una incompatibilità tra disciplina dell’equo compenso e Codice dei contratti pubblici sia confutata dal testo letterale della normativa.
La normativa sull’equo compenso non prevede alcuna esclusione dall’ambito di applicazione soggettivo rispetto alle pubbliche amministrazioni (a differenza di quanto invece prevede per i rapporti con i soggetti privati). D’altronde anche il Codice del 2023, all’art. 8, prevede espressamente l’applicabilità dell’equo compenso, con la sola eccezione dei casi in cui sia ammesso il ricorso ai contratti gratuiti (29).

La dicotomia equo compenso – contratto gratuito escluderebbe una terza opzione, ossia un contratto oneroso a prestazioni inferiori di quelle previste dall’equo compenso.

2.6. Il giudizio del TAR. La normativa sull’equo compenso. La compatibilità con l’art. 108 del Codice Appalti del 2023.

L’art. 108 del Codice Appalti del 2023 prevede l’obbligo di affidare con il criterio del miglior rapporto tra qualità e prezzo i servizi tecnici e intellettuali di importo superiore o pari a € 140.000. Il ricorso a questo criterio, nel quale è prevista anche una concorrenza sul prezzo, potrebbe deporre nel senso di una incompatibilità con la disciplina dell’equo compenso fondata su tariffe fisse e non ribassabili.
Il TAR rigetta anche questa eccezione.
Come si è detto, infatti, il prezzo posto a base d’asta per l’affidamento dei servizi professionali non si compone soltanto delle tariffe, ma anche di altre voci, come le spese ed oneri accessori. Nessun contrasto quindi si può ritenere sussistere (30)(tanto più, a parere di chi scrive, se si considera che in realtà l’adozione del criterio in questione non impone una necessaria concorrenza sul prezzo, dato che è espressamente ammessa la possibilità che l’ente pubblico limiti la concorrenza ai soli elementi qualitativi).

Né, infine, si può affermare che la previsione per la quale le tariffe minime obbligatorie costituiscono il prezzo da porre a base d’asta determinino la possibilità che queste vengano ribassate, non sussistendo alcun sillogismo logico consequenziale.

2.7. Il giudizio del TAR. La normativa sull’equo compenso. L’applicabilità ai soggetti in forma societaria e associata.

La ricorrente, inoltre, evidenzia che mentre l’art. 2 c. 1 della legge n. 49/2023 (relativo all’applicazione della disciplina sull’equo compenso ai rapporti privati) contiene un espresso riferimento ai soggetti in forma associata o societaria, l’art. 2 c. 3 (relativo all’applicazione della disciplina ai rapporti con i soggetti pubblici) fa riferimento unicamente ai <<professionisti>> .

Da tale differenza la ricorrente fa discendere la conclusione per la quale la normativa sull’equo compenso non si applicherebbe ai soggetti che partecipino in forma societaria alle procedure di gara: l’equo compenso si applicherebbe soltanto alle prestazioni tra P.A. e professionisti regolate dall’elemento personale e non a quelle in cui vi sia un’organizzazione di mezzi e il trasferimento dei connessi rischi all’imprenditore, come tipicamente accade nell’appalto di servizi.

Il giudice amministrativo rigetta la tesi sulla base di due considerazioni.
La prima: tra le prestazioni rese dal professionista singolo e le prestazioni rese dal soggetto organizzato in forma societaria non vi sarebbe alcuna differenza oggettiva (tesi che appare invero scarsamente condivisibile, perché quello che sostiene la ricorrente è una diversa caratterizzazione proprio dell’elemento soggettivo e non di quello oggettivo) (31).
La seconda (ben più rilevante e condivisibile): alle procedure di gara per l’affidamento dei servizi di ingegneria e di architettura (così come, invero, per tutte le procedure di affidamento di servizi professionali regolate dal Codice) possono partecipare sia i soggetti liberi professionisti sia le società e le associazioni. Ammettere il ribasso sui compensi solo per alcuni operatori economici e non anche per altri comporterebbe un effetto discriminatorio garantendo un vantaggio concorrenziale in favore dei soggetti strutturati e a discapito degli altri (32)

Conclusioni

La sentenza appare conforme ai principi giurisprudenziali affermatisi in materia di applicazione della disciplina dell’equo compenso alla contrattualistica pubblica, seppur il tema debba ancora essere vagliato dal Consiglio di Stato.

La tematica, nonostante i primi interventi chiarificatori, appare ancora oggi dominata da un’incertezza rafforzata da interventi dell’ANAC di dubbia legittimità.

L’Autorità, in particolare, ha affermato che laddove la disciplina di gara non preveda il divieto di ribassare i compensi professionali, non possa operare l’eterointegrazione del bando di gara (33). Il che determina molte perplessità, dato che per espressa previsione della normativa sull’equo compenso la clausola che preveda corrispettivi inferiori a quelli determinati con i decreti ministeriali è nulla e il professionista può agire per il riconoscimento della maggiore somma dovuta. E’ inoltre probabile che tale presa di posizione sia dovuta alle perplessità a monte dell’Autorità sulla legittimità della previsione, espresse di recente in un atto di segnalazione con la quale sono state evidenziate ragioni di contrasto con la normativa eurounitaria (confutate dalla sentenza in commento).
L’incertezza sul tema può d’altronde determinare degli impatti negativi per operatori economici ed enti pubblici.

Rispetto agli operatori economici, va evidenziato che i professionisti che partecipino a procedure di gara esprimendo dei ribassi sul corrispettivo posto a base d’asta (non inferiore all’equo compenso) possono essere assoggettati a sanzioni (come previsto oggi per gli avvocati dall’art. 25-bis del codice deontologico).
Rispetto agli enti pubblici, prevedere il ribasso del corrispettivo può esporre a ricadute economiche negative. Anche per le Stazioni Appaltanti i rischi sono rilevanti: se l’ente effettua erroneamente il calcolo, o pone a ribasso il compenso, si ritroverà a dover corrispondere al professionista in ogni caso il compenso previsto dai minimi tabellari, con conseguenti ricadute di bilancio.

Il testo, in effetti, non appare connotato da chiarezza: sarebbe stato sufficiente per il legislatore introdurre all’art. 108 la specifica che le gare relativi a servizi di natura intellettuale non ammettono il ribasso sui compensi professionali per fugare i molteplici dubbi emersi sull’interpretazione della norma, non a caso oggetto di un ampio dibattito e di interventi dai rappresentanti degli ordini professionali. Sarebbe forse opportuno un intervento chiarificatore in merito anziché mantenere un’incertezza foriera di gravi rischi.
Incertezza, d’altronde, che si espone anche rispetto a temi non adeguatamente trattati dalla sentenza, come l’applicabilità della disciplina dell’equo compenso al personale delle società che prestino servizi professionali. Si pensi, ad esempio, ai consulenti su base annua delle società di ingegneria che prestano servizi in loro favore: la disciplina dell’equo compenso si applicherà anche a questi ultimi?
In sede di verifica di anomalia la Stazione Appaltante dovrà verificare il rispetto del principio dell’equo compenso nella definizione dei corrispettivi in loro favore?
E quali criteri devono essere applicati in presenza di attività svolte per più servizi in favore della società?
Si tratta di nodi che possono avere anch’essi impatti di rilievo sul mercato pubblico, mercato che non tollera le incertezze e i rischi che purtroppo sembrano oggi persistere.

Note

(1) Disciplinare di gara, p. 10: “”Sulla base delle disposizioni di cui al citato art. 41, comma 15, del D. Lgs. 36/2023 e dell’all. 1.13, e della l. 49/2023, in linea con la Delibera dell’ANAC n. 343 del 20/07/2023, i compensi stabiliti per le prestazioni d’opera intellettuale attinente ai servizi di ingegneria e architettura, determinati in base agli artt. 2 e ss. Del suddetto D.M., sono stati considerati inderogabili e non ribassabili, riportati nella voce “compensi non soggetti a ribasso” di cui alla precedente Tabella. Sono invece soggetti a ribasso i costi, al netto dei costi della manodopera, per le attività propedeutiche all’esecuzione dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria, quali indagini strutturali distruttive, non distruttive, indagini sui solai, saggi in fondazione, indagini geologiche, geotecniche, spese di laboratorio e per rilascio certificati di prova, ecc., nonché per il ripristino post indagine, che confluiscono nella voce D “spese e accessori” dei corrispettivi””. Il disciplinare di gara è consultabile al link https://www.agenziademanio.it/export/sites/demanio/download/documentigare_2023_3ter/DISCIPLINARE-Sismica.pdf

(2) L’importo a base d’asta per lo svolgimento dei servizi in questione era pari a € 58.064,52. Avendo l’operatore economico applicato un ribasso pari al 99,90% l’importo offerto avrebbe dovuto essere pari a € 58,08 (approssimato per eccesso). Diversamente l’operatore economico indicava per lo svolgimento di tali servizi un importo pari a €55.171,20.

(3) Dal testo della sentenza: “”la stazione appaltante disponeva infine l’esclusione della società ricorrente perché avrebbe “operato di fatto un ribasso anche sui compensi determinati sulla base degli artt. 2 e ss del DM 17 giugno 2016 in violazione della lex specialis che li ha qualificati come ‘inderogabili e non ribassabili’ ai sensi delle disposizioni in tema di equo compenso di cui al citato art. 41, comma 15 e dell’all. I.13 del d.lgs. 36/2023 e della L. 49/2023 in linea con la Delibera dell’ANAC n. 343 del 20/07/2023” (det. n. 14410 del 28/12/2023). Ciò in quanto l’operatore economico in questione avrebbe indicato “spese – tra cui € 55.171,20 a titolo di ‘costo indagini e prove strutturali e geognostiche’ documentate con apposito preventivo (all. 4) – per un importo di gran lunga superiore rispetto alla quota risultante per le medesime voci ed attività dall’applicazione del ribasso percentuale unico offerto in sede di gara (pari al 99,9%) all’importo ribassabile (€ 58.064,52)”””

(4) Dal testo della sentenza: “”l’amministrazione avrebbe omesso di esaminare le giustificazioni presentate e avrebbe errato nell’applicazione dei principi che governano la verifica di congruità. La semplice considerazione dell’utile esposto in sede di giustificazioni (pari a euro 105.000 circa) avrebbe dovuto indurre la stazione appaltante a ritenere compensati e remunerati ampiamente e adeguatamente tutti i fattori di costo, sì da rendere l’offerta certamente sostenibile e affidabile ed escludere qualsivoglia violazione delle norme a tutela del lavoro e della professione””

(5) Dal testo della sentenza: “”il giudizio di anomalia dell’offerta attivato e l’esclusione disposta dalla stazione appaltante sarebbero altresì inficiati da un errore prospettico, consistente dell’equiparare in via automatica il pur elevato ribasso (99,90%) proposto dalla ricorrente sulla sola quota parte dell’importo d’appalto assoggettabile a ribasso (euro 58.064,52) a una violazione del principio dell’equo compenso e delle previsioni recate sul punto dalla legge di gara, assumendo impropriamente che per tale via la Litos Progetti s.r.l. “[avrebbe] operato di fatto un ribasso anche sui compensi determinati sulla base degli artt. 2 e ss del DM 17 giugno 2016”. Al riguardo, la ricorrente adduce di aver ampiamente riferito e documentato in sede di giustificazioni di voler procedere all’esecuzione del servizio mediante la propria organizzazione, facendo applicazione del CCNL di riferimento, senza alcuna lesione per la retribuzione delle figure professionali (dipendenti) coinvolte nell’esecuzione””

(6) Dal testo della sentenza: “”il nuovo codice dei contratti pubblici consentirebbe senz’altro di affidare le prestazioni professionali a fronte di un corrispettivo ribassato rispetto a quello indicato nelle tariffe professionali, pena la violazione del “principio di concorrenzialità” e dell’art. 108, ai sensi del quale “il risultato dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione” deve essere perseguito “con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo”””

(7) Dal testo della sentenza: “”la ricorrente rileva che l’articolo 2, comma 1, della l. n. 49/2023 fa riferimento alle prestazioni d’opera intellettuale di cui all’articolo 2230 c.c.; da ciò conseguirebbe che l’ambito di applicazione della disciplina sull’equo compenso non potrebbe che risultare circoscritta alle ipotesi in cui la prestazione professionale trovi fondamento in un contratto d’opera caratterizzato dall’elemento personale (in cui il singolo professionista assicuri lo svolgimento della relativa attività principalmente con il proprio lavoro autonomo), non estendendosi all’appalto di servizi””

(8) Dal testo della sentenza: “”la ricorrente censura la lex specialis per contrasto con le disposizioni del d.lgs. n. 36/2023 richiamate, nonché evidenziandone la nullità ai sensi dell’art. 10 dello stesso d.lgs. n. 36/2023 nella parte in cui introdurrebbe una causa di esclusione (l’assoggettamento a ribasso degli importi determinati secondo le tariffe professionali) non prevista dalla legge. Secondo parte ricorrente, in alternativa, la stazione appaltante avrebbe potuto adottare il criterio del cd. “prezzo fisso”, limitando la competizione tra i concorrenti ai soli aspetti qualitativi dell’offerta””

(9) Di recente il Consiglio di Stato ha affermato che deve sussistere una corrispondenza tra gli elementi sulla base dei quali è stata richiesta la presentazione dei giustificativi e la motivazione sulla base della quale si esclude l’operatore economico per sussistenza di anomalia. In particolare, la recente Cons. Stato, sez. III, 19.2.2024 n. 1591 afferma che “”Se è dunque vero che “il principio del contraddittorio procedimentale non comporta un vincolo assoluto di piena corrispondenza tra giustificazioni richieste e ragioni di anomalia dell’offerta, come evocato dall’appellante – anche a mente dell’evoluzione ordinamentale che, con l’articolo 97, comma 5, del d.lgs. n. 50 del 2016, ha previsto per la verifica di anomalia dell’offerta una struttura “monofasica” del procedimento e non più trifasica, cioè articolata in giustificativi, chiarimenti, contraddittorio, com’era, invece, nel regime disegnato dal previgente articolo 87 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 – non si può tuttavia approdare all’estremo opposto in cui l’esternazione delle ragioni dell’anomalia dell’offerta avvenga in definitiva solo col provvedimento di esclusione, amputando ogni forma di confronto sui profili ritenuti critici, in spregio dei canoni di collaborazione e buona fede che devono informare i rapporti tra stazione appaltante e imprese partecipanti alla gara, specie quando vengono in rilievo profili escludenti inderogabili come la violazione dei minimi salariali inderogabili””

(10) Dal testo della sentenza: “”Va premesso che per l’art. 110 del d.lgs. n. 3672023 si possono predicare gli stessi esiti raggiunti dalla giurisprudenza sulla portata del previgente art. 97 del d. lgs. N. 50/2016, stante la sostanziale coincidenza delle previsioni in materia di procedura di verifica di anomalia che in questa sede rilevano. Si può, quindi, anche oggi affermare che la nuova disposizione (come quella previgente) ”non articola il contraddittorio inerente alla valutazione di anomalia secondo rigide, predeterminate e vincolanti scansioni procedimentali, limitandosi a prevedere […] un‘unica richiesta di chiarimenti da parte della Stazione appaltante […] così delineando un procedimento monofasico e non più trifasico (giustificativi, chiarimenti, contraddittorio) come nella precedente disciplina” (Cons. Stato, sez. V, 3 maggio 2021, n. 3472). Nel caso in esame, non può sostenersi che vi sia stata assenza di contraddittorio (cfr. Pag. 14 del ricorso): la società ricorrente è stata posta nelle condizioni di esporre eventuali giustificazioni, in quanto il RUP (con la menzionata nota prot. N. 12396/2023) ha avviato il sub-procedimento di verifica dell’anomalia, chiedendole giustificativi a comprova della congruità, serietà e realizzabilità dell’offerta oresentata, con particolare riferimento alla sostenibilità del ribasso percentuale proposto e al tempo di esecuzione del servizio, ai sensi del citato art. 110 del d.lgs. n. 36/2023. Successivamente, proprio i dati forniti dall’odierna ricorrente in sede di relazione giustificativa dell’offerta (in data 20 novembre 2023) hanno fatto emergere l’incongruenza rispetto al ribasso percentuale unico del 99,90% offerto in sede di gara””

(11) Art. 2 c. 1 l. n. 49/2023: “”La presente legge si applica ai rapporti professionali aventi ad oggetto la prestazione d’opera intellettuale di cui all’articolo 2230 del Codice civile regolati da convenzioni aventi ad oggetto lo svolgimento, anche in forma associata o societaria, delle attività professionali””

(12) Art. 2 c. 1 l. n. 49/2023: “”… in favore di imprese bancarie e assicurative nonché delle loro società controllate, delle loro mandatarie e delle imprese che nell’anno precedente al conferimento dell’incarico hanno occupato alle proprie dipendenze più di cinquanta lavoratori o hanno presentato ricavi annui superiori a 10 milioni di euro, fermo restando quanto previsto al secondo periodo del comma 3″”. Si noti che i parametri utilizzati per individuare le imprese diverse da assicurazioni e istituti bancari sono quelli superati i quali l’impresa, secondo la raccomandazione della Commissione del 6 maggio 2023, non è qualificabile come piccola impresa (Art. 2 c. 2 della raccomandazione: “”Nella categoria delle PMI si definisce piccola impresa un’impresa che occupa meno di 50 persone e realizza un fatturato annuo o un totale di bilancio non superiori a 10 milioni di EUR””

(13) Art. 2 c. 3 l. n. 49/2023: “”Le disposizioni della presente legge si applicano altresì alle prestazioni rese dai professionisti in favore della pubblica amministrazione e delle società disciplinate dal testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016 n. 175″”

(14) Art. 2 c. 3 l. n. 49/2023: “”Esse non si applicano, in ogni caso, alle prestazioni rese dai professionisti in favore di società veicolo di cartolarizzazione né a quelle rese in favore degli agenti della riscossione. Gli agenti della riscossione garantiscono comunque, all’atto del conferimento dell’incarico professionale, la pattuizione di compensi adeguati all’importanza dell’opera, tenendo conto, in ogni caso, dell’eventuale ripetitività della prestazione richiesta””

(15) Art. 3 c. 1 l. n. 49/2023: “”Sono nulle le clausole che non prevedono un compenso equo e proporzionato all’opera prestata, tenendo conto a tale fine anche dei costi sostenuti dal prestatore d’opera; sono tali le pattuizioni di un compenso inferiore agli importi stabiliti dai parametri per la liquidazione dei compensi dei professionisti iscritti agli ordini o ai collegi professionali, fissati con decreto ministeriale, o ai parametri determinato con decreto del Ministro della giustizia ai sensi dell’articolo 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2021, n. 247, per la professione forense o ai parametri fissati con il decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy di cui all’articolo 1, comma 1, lettera c, della presente legge””. L’art. 1 da ultimo richiamato fa riferimento all’applicabilità della normativa sull’equo compenso alle professioni non organizzate, come definite dall’art. 1 c. 2 della legge della legge n. 4 del 2013.

(16) Art. 3 c. 5 l. n. 49/2023: “”La convenzione, il contratto, l’esito di gara, l’affidamento, la predisposizione di un elenco di fiduciari o comunque qualsiasi accordo che preveda un compenso inferiore ai valori determinati ai sensi del comma 1 possono essere impugnati dal professionista innanzi al tribunale competente per il luogo ove egli ha la residenza o il domicilio, al fine di var valere la nullità della pattuizione e di chiedere la rideterminazione giudiziale del compenso per l’attività professionale prestata””

(17) Si veda https://documenti.camera.it/leg19/dossier/Pdf/gi0002.pdf

(18) TAR Veneto, sez. III, 3.4.2024 n. 632: “”Si tratta … di un rafforzamento delle tutele e dell’interesse alla partecipazione alle gare pubbliche, rispetto alle quali l’operatore economico, sia esso grande o piccolo, italiano o di provenienza UE, è consapevole del fatto che la competizione si sposterà eventualmente su profili accessori del corrispettivo globalmente inteso (ad esempio, come visto, sulle spese generali) e, ancor di più, sul profilo qualitativo e tecnico dell’offerta formulata. Ciò è idoneo a produrre, a giudizio del Collegio, anche effetti pro-concorrenziali in favore del piccolo operatore economico, che sarà incentivato a partecipare alle pubbliche gare nella consapevolezza che non si troverà più a competere sulla voce “”compensi”” con gli operatori di grandi dimensioni, che per loro stessa natura possono essere maggiormente in grado di formulare ribassi su tale voce, mantenendo comunque un margine di utile rilevante””

(19) TAR Veneto, sez. III, 3.4.2024 n. 632: “”… si ricorda che, sin dalle direttive del 2014, il legislatore dell’UE ha voluto superare il criterio del minor prezzo quale strumento predominante di aggiudicazione delle pubbliche gare, favorendo il ricorso al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, che consente alla Stazione Appaltante di strutturare l’aggiudicazione valorizzando la qualità dell’offerta tecnica, ma anche considerazioni ambientali, aspetti sociali o innovativi, pur tenendo conto del prezzo e dei costi””. In tal senso si veda il considerando 90 della direttiva 2014/24/UE, che ammette la possibilità per gli Stati membri “”di proibire o limitare il ricorso al solo criterio del prezzo o del costo””

(20) Si veda il considerando 93 della direttiva 2014/24/UE, laddove afferma che “”Qualora disposizioni nazionali determinino la remunerazione di taluni servizi o impongano un prezzo fisso per determinare forniture, si dovrebbe precisare che resta possibile valutare il rapporto qualità/prezzo sulla base di fattori diversi dal solo prezzo o dalla sola remunerazione””

(21) CGUE, sez. IV, 4.7.2019, C-377/17

(22) CGUE, sez. II, 25.1.2024, C-438/22.

(23) CGUE, sez. IV, 4.7.2019, C-377/17: “”88. …. l’esistenza di tariffe minime per le prestazioni di progettazione è atta, in linea di principio, in considerazione delle caratteristiche del mercato tedesco, a contribuire a garantire un elevato livello di qualità delle prestazioni di progettazione … 89. Tuttavia, si deve rammentare che … una normativa nazionale è idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito solo se risponde realmente all’intento di raggiungerlo in modo coerente e sistematico … 92 … la circostanza che le prestazioni di progettazione possano essere fornite in Germania da prestatori che non hanno dimostrato la loro idoneità professionale a tale scopo comporta un’incoerenza della normativa tedesca rispetto all’obiettivo di preservare un livello di qualità elevato delle prestazioni di progettazione perseguito dalle tariffe minime. Infatti … occorre constatare che siffatte tariffe minime non possono essere idonee a raggiungere tale obiettivo se … l’esercizio delle prestazioni che vi sono assoggettato non è esso stesso accompagnato da garanzie minime che consentano di garantire la qualità delle suddette prestazioni””.

(24) Dal testo della sentenza: “”… pronuncia che non afferma, invero, la sussistenza di preclusioni assolute, riconoscendo, viceversa, in capo agli Stati membri il potere di introdurre tariffe minime per le prestazioni professionali che siano non discriminatorie, necessarie e proporzionate alla realizzazione di un motivo imperativo di interesse generale””

(25) Dal testo della sentenza: “”Va, infatti, considerato che nel caso oggetto di quest‘ultima pronuncia gli importi che erano stati determinati dal Consiglio superiore dell‘Ordine forense della Bulgaria ”in assenza di qualsiasi controllo da parte delle autorità pubbliche e di disposizioni idonee a garantire che esso si comporti quale emanazione della pubblica autorità”: la Corte ha cioè ritenuto come tale organismo agisse alla stregua di ”un’associazione di imprese, ai sensi dell’articolo 101 TFUE”(§ 44, sent. cit.), nel perseguimento di un proprio interesse specifico e settoriale (realizzando un‘ipotesi di “determinazione orizzontale di tariffe minime imposte, vietata dall‘art. 101, paragrafo 1,TFUE“), in un contesto, quindi, del tutto diverso da quello oggetto del presente giudizio, in cui rilevano norme di carattere generale (la l. n. 49/2023 e gli inerenti decreti ministeriali) adottate da autorità pubbliche e, per questo, non sussumibili nell’ambito (soggettivo e oggettivo) di applicazione dell’art. 101 TFUE (rivolto a vietare ”tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato”)””.

(26) CGUE, sez. II, 25.1.2024, C-438/22, evidenzia che la fissazione di tali importi costituirebbe un “”accordo”” tra imprese, parlando di “”comportamenti collusivi”” dell’ente.

(27) La tesi è esposta nel testo della sentenza. Per quanto riportato, la ricorrente escludeva che “””la disciplina dettata dalla L. 49/2023 sia idonea a perseguire il proprio obiettivo anche in materia di appalti pubblici”, in quanto nessuna esigenza di protezione vi sarebbe ”quando la prestazione avviene istituzionalmente tramite il libero confronto tra gli operatori economici” alla ”presenza di offerte libere e adeguatamente ponderate degli offerenti” e con la garanzia di ”adeguati meccanismi atti proprio ad evitare la presentazione di offerte eccessivamente basse e quindi non sostenibili (anomalia dell’offerta)”””

(28) Dal testo della sentenza: “”la legge n. 49/2023, oltre a perseguire obiettivi di protezione del professionista, mediante l’imposizione di un’adeguata remunerazione per le prestazioni da questi rese, contribuisce, tra l’altro, analogamente al richiamato giudizio di anomalia dell’offerta, a evitare che il libero confronto competitivo comprometta gli standard professionali e la qualità dei servizi da rendere a favore della pubblica amministrazione. Risulta dunque indimostrato che la legge sull’equo compenso venga a collidere con le disposizioni del codice dei contratti pubblici che assicurano il confronto competitivo tra gli operatori; del resto, analoghe perplessità non nutre il ricorrente in relazione ad altre disposizioni parimenti poste a presidio dell’esatto adempimento, come, appunto, quelle in materia di anomalia (la cui finalità è di ”evitare che offerte troppo basse espongano l’amministrazione al rischio di esecuzione della prestazione in modo irregolare e qualitativamente inferiore a quella richiesta e con modalità esecutive in violazione di norme, con la conseguente concreta probabilità di far sorgere contestazioni e ricorsi”, Cons. Stato, sez. V, 27 settembre 2022, n. 8330).””

(29) Dal testo della sentenza: “”Da un lato, la legge n. 49/2023 prevede esplicitamente l’applicazione alle prestazioni rese in favore della P.A., senza esclusioni, dall’altro lato, l’art. 8 del d.lgs. n. 36/2023 impone alle pubbliche amministrazioni di garantire comunque l’applicazione del principio dell’equo compenso nei confronti dei prestatori d’opera intellettuale (salvo che in ipotesi eccezionali di prestazioni rese gratuitamente)””.

(30) Dal testo della sentenza: “”Né può ravvisarsi un’incompatibilità tra la legge sull’equo compenso e l’art. 108, co. 2, del codice dei contratti pubblici, nella parte in cui impone l’applicazione del ”criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo” ai ”contratti relativi all’affidamento dei servizi di ingegneria e architettura e degli altri servizi di natura tecnica e intellettuale di importo pari o superiore a 140.000 euro”. E invero, la legge n. 49/2023 non preclude l’applicabilità ai contratti in questione del criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa: il compenso del professionista è, infatti, soltanto una delle componente del “”prezzo”” determinato come importo a base di gara, al quale si affiancano altre voci, relative in particolare a ”spese ed oneri accessori” (peraltro, anche la delibera ANAC n. 101 del 28 febbraio 2024 non esclude la legittimità delle tre ipotesi contemplate nel bando tipo n. 2/2023: a) procedura di gara a prezzo fisso in virtù dell’applicazione della l. n. 49/2023 a tutte le voci del corrispettivo posto a base di gara; b) procedura di gara da aggiudicare secondo il criterio dell’OEPV, con ribasso limitato alle sole spese generali; c) inapplicabilità della disciplina sull’equo compenso, con conseguente inapplicabilità dell’intero importo posto a base di gara).””

(31) Dal testo della sentenza: “”la scelta di applicare la disciplina sull’equo compenso esclusivamente alle prestazioni di natura intellettuale rese in favore della P.A. dal singolo professionista, che non necessiti (o comunque non si avvalga) di un’organizzazione di mezzi e risorse, sarebbe difficilmente giustificabile dal punto di vista logico, considerata l’ontologica corrispondenza tra le prestazioni rese dal singolo e quelle rese nell’ambito di una società/impresa (tanto più che per ”servizi di natura intellettuale“ oggetto di appalto, come i servizi di ingegneria e architettura, si intendono ”quelli che richiedono lo svolgimento di prestazioni professionali, svolte in via eminentemente personale, costituenti ideazione di soluzioni o elaborazione di pareri prevalenti nel contesto della prestazione erogata rispetto alle attività materiali e all’organizzazione di mezzi e risorse“; Cons. Stato, sez. V, 21 febbraio 2022, n. 1234)

(32) Dal testo della sentenza: “”Inoltre, considerato che, da un lato, l’ordinamento lascia libero il professionista di scegliere di svolgere la propria attività come singolo o in forma associata e che, dall’altro, lo stesso art. 66 del d.lgs. n.36/2023 stabilisce che ” [s]ono ammessi a partecipare alle procedure di affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria nel rispetto di non discriminazione fra i diversi soggetti sulla base della forma giuridica assunta: a) i prestatori di servizi di ingegneria e architettura: i professionisti singoli, associati, le società tra professionisti di cui alla lettera b), le società di ingegneria di cui alla lettera c), i consorzi, i GEIE, i raggruppamenti temporanei fra i predetti soggetti (…)”, imporre il rispetto della norma sull’equo compenso soltanto per le prestazioni rese dal professionista che operi (e partecipi a una procedura a evidenza pubblica) uti singuli avrebbe l’effetto di concretizzare una inammissibile disparità di trattamento tra quest’ultimo e i professionisti che, viceversa, operino (e concorrano) nell’ambito di società, associazioni o imprese, i quali ultimi potrebbero in ipotesi trarre vantaggio dalla mancata applicazione della normativa in materia di equo compenso e quindi praticare ribassi sui compensi (con la presentazione di offerte verosimilmente più ”appetibili”)””

(33) ANAC, parere di precontenzioso 28.2.2024 n. 101

Vincenzo Laudani