Il potere di annotazione tra automatismo e principio di legalità: il TAR Lazio censura il Regolamento ANAC

Commento a TAR Lazio, Sez. I-Quater, 13 maggio 2025, n. 9151

Caterina Vinti 27 Maggio 2025
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Premessa

La sentenza del TAR Lazio affronta un’importante questione relativa alla legittimità dell’attuale Regolamento adottato da ANAC, ai sensi dell’articolo 222, co. 1 del d.lgs. n. 36/2023, con delibera n. 272/2023 in materia di gestione del casellario informatico dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. La controversia è stata promossa da una società destinataria di un’annotazione nel casellario da parte dell’Autorità, a seguito della segnalazione di una stazione appaltante in merito alla risoluzione di un contratto di appalto finanziato anche con fondi PNRR.
 
Il ricorso ha sollevato articolate censure di legittimità costituzionale e amministrativa, denunciando: l’omesso contraddittorio, l’automatismo dell’annotazione, l’assenza di un vaglio autonomo da parte di ANAC e il conseguente svuotamento delle funzioni istituzionali dell’Autorità. Il TAR ha accolto le doglianze della ricorrente, ritenendo che la titolarità del potere di annotazione nel Casellario in capo all’Authority non può relegare i compiti della stessa ad attività di mera “trascrizione” di segnalazioni pervenute dalle ss.aa. con ciò determinando una chiara violazione dei principi fondamentali del giusto procedimento, sanciti anche a livello europeo.
 
Ne consegue, a giudizio del giudice, che l’annotazione nel casellario deve essere il frutto di una valutazione autonoma, procedimentalizzata e motivata dell’ANAC, fondata su un contraddittorio effettivo tra le parti. La sentenza impone, dunque, la modifica del Regolamento nella parte in cui non prevede tali garanzie, contribuendo a ridefinire i confini tra digitalizzazione amministrativa e rispetto dei diritti partecipativi degli operatori economici.

Il caso di specie

L’impresa aggiudicataria di un appalto integrato, finanziato in parte con fondi del PNRR, ha sottoscritto con un Comune un contratto per la progettazione definitiva ed esecutiva e l’esecuzione dei lavori di recupero di un’area vincolata.
In sede di gara, l’impresa ha indicato come soggetto incaricato della progettazione un raggruppamento temporaneo di professionisti (RTP). Tuttavia, nel corso dell’esecuzione contrattuale sono emerse rilevanti criticità, che l’impresa ha ricondotto a gravi carenze del progetto di fattibilità predisposto dalla stazione appaltante e posto a base di gara. Tra le problematiche riscontrate figuravano, in particolare, la mancata rilevazione di manufatti interrati, errori nelle dimensioni progettuali e interferenze con altri interventi in corso sulla stessa area.
 
Secondo l’impresa, tali circostanze hanno causato ritardi nell’attività progettuale, che però non potevano esserle imputati. Nonostante le controdeduzioni presentate per chiarire la propria posizione, il Comune ha deciso di procedere con la risoluzione unilaterale del contratto, avvalendosi della clausola risolutiva espressa prevista dall’articolo 26 del Capitolato speciale per il mancato rispetto del termine perentorio di 110 giorni previsto per la consegna del progetto esecutivo.
 
Successivamente, l’amministrazione comunale ha trasmesso ad ANAC una segnalazione tramite il “Modello C”, contenente la notizia della risoluzione contrattuale e una sintetica esposizione delle proprie motivazioni. Sulla base di tale comunicazione, ANAC ha provveduto a iscrivere l’annotazione nel casellario informatico dei contratti pubblici, senza tuttavia attivare alcun contraddittorio con l’impresa interessata.
 
Quest’ultima, venuta a conoscenza dell’annotazione soltanto in un secondo momento e in modo del tutto casuale, ha deciso di impugnarla davanti al g.a. al fine di ottenere l’annullamento. Contestualmente, ha anche censurato la legittimità del Regolamento ANAC n. 272/2023, che aveva consentito l’iscrizione automatica della notizia nel casellario, escludendo qualsiasi forma di partecipazione procedimentale da parte dell’operatore economico.

Motivi di diritto

Nel ricorso presentato dinanzi al TAR, la Società Omissis ha impugnato l’annotazione disposta dall’ANAC nell’area B del casellario informatico, chiedendone l’annullamento, previa sospensione in via cautelare.
 
La società contesta il provvedimento sulla base di tre motivi di diritto, incentrati soprattutto sulla violazione di talune garanzie procedimentali e sui presunti vizi di legittimità del nuovo Regolamento adottato dall’Autorità con delibera n. 272 del 20 giugno 2023.
 
Con il primo motivo, l’impresa ricorrente denuncia una serie di violazioni, tra cui l’articolo 97 della Costituzione, gli articoli 6 e 7 della CEDU, gli articoli 41 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nonché gli artt. 215, 216 e 222 del nuovo Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 36/2023), evidenziando anche profili di eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria, illogicità e carenza dei presupposti di fatto.
La società contesta l’annotazione ritenendola frutto di una segnalazione manifestamente infondata da parte del Comune. In particolare, sottolinea che eventuali inadempimenti sarebbero imputabili ai progettisti indicati in gara e non alla società stessa. L’amministrazione comunale, inoltre, avrebbe omesso la costituzione del Collegio Consultivo Tecnico, obbligatorio per appalti sopra soglia, prima della risoluzione del contratto. La stessa risoluzione sarebbe stata disposta arbitrariamente, senza attendere il termine contrattualmente previsto per la progettazione, sulla base di una pretesa impossibilità di rispettare le scadenze del finanziamento PNRR, che in realtà sarebbero state comunque raggiungibili, secondo quanto dichiarato dalla società in più occasioni.
 
L’impresa ritiene che tale comportamento dissimuli la volontà della stazione appaltante di liberarsi dal vincolo contrattuale in modo surrettizio, preferendo la strada della risoluzione — priva di oneri — a quella, più impegnativa, del recesso con le relative conseguenze risarcitorie.
Tale decisione, secondo la ricorrente, è stata recepita da ANAC in modo acritico, avendo quest’ultima omesso qualsiasi verifica o attività istruttoria in ordine alla “utilità” e alla “non manifesta infondatezza” della segnalazione. Tale circostanza costituirebbe l’effetto dell’applicazione del nuovo Regolamento che, eliminando ogni fase di valutazione e contraddittorio, avrebbe trasformato l’Autorità in un mero “esecutore materiale” della segnalazione ricevuta, in violazione del principio di legalità, di tipicità dei provvedimenti amministrativi e di imparzialità dell’azione amministrativa. Infatti, la delibera ANAC attribuirebbe alla stazione appaltante un potere di iscrizione nel casellario in assenza di previsione normativa, perdendosi in tal modo la funzione “filtro” dell’Autorità e il fondamentale contradditorio preventivo con l’operatore economico.
 
Nel secondo motivo di gravame, la ricorrente ha contestato direttamente il Regolamento ANAC del 2023, ritenendolo illegittimo nella parte in cui ha abrogato l’intero impianto procedimentale previgente (di cui alla delibera n. 861 del 2 ottobre 2019) che garantiva il contraddittorio con l’operatore economico. In particolare, la società contesta la soppressione della comunicazione di avvio del procedimento, della possibilità di partecipare all’istruttoria, di essere ascoltata mediante audizione, nonché dell’obbligo di motivazione approfondita da parte dell’Autorità. A giudizio della ricorrente, questa struttura procedimentale priva di garanzie viola l’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE, che tutela il diritto a una buona amministrazione (comprendente “il diritto di ogni persona di essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che gli rechi pregiudizio”) e, se si accede alla tesi che qualifica l’annotazione come atto sanzionatorio, anche l’art. 7 CEDU. La normativa vigente – in particolare l’art. 222, comma 10, del d.lgs. 36/2023 – non autorizzerebbe, secondo la Società, un trasferimento del potere valutativo dall’ANAC alle stazioni appaltanti, come invece previsto dall’art. 5, comma 3, del nuovo regolamento che affida alle stazioni appaltanti la responsabilità per la veridicità e l’aggiornamento delle informazioni inserite nel casellario. Ciò comporterebbe una grave compressione delle garanzie procedimentali poste a tutela degli operatori economici e del ruolo dell’Autorità, che verrebbe privata della funzione di filtro e della possibilità di condurre una valutazione autonoma, imparziale dei fatti e indipendente dalle parti, esponendo l’impresa segnalata alle conseguenze pregiudizievoli e al discredito che inevitabilmente conseguono all’annotazione stessa, imposta in modo unilaterale dalla stazione appaltante.
 
Infine, con il terzo motivo di ricorso, la Società deduce ulteriori profili di illegittimità, con riferimento agli artt. 97 Cost. e 3 della l. n. 241/1990 e al principio del contraddittorio, nonché all’eccesso di potere per difetto di motivazione e istruttoria e per la violazione del
principio di proporzionalità e adeguatezza.
 
La ricorrente ha lamentato che l’ANAC, nell’annotazione, non avrebbe riportato neppure sinteticamente le difese articolate dall’impresa nelle controdeduzioni trasmesse al Comune, che pure erano state, almeno in parte, inserite dalla stessa stazione appaltante nel modello trasmesso all’Autorità. Ne deriva, secondo la società, una rappresentazione parziale e distorta dei fatti, in contrasto con il dovere di completezza e imparzialità nella redazione delle annotazioni, previsto dal previgente art. 17, comma 2, del regolamento del 2019, ancora applicabile in via di principio.

La decisione del TAR

Il TAR ha accolto il ricorso proposto dalla società ricorrente, ritenendolo fondato per le medesime ragioni già indicate nell’ordinanza cautelare n. 5850/2024.

In particolare, il Collegio ha rigettato le eccezioni in rito sollevate dall’Autorità, tra cui l’irricevibilità del ricorso e il difetto di legittimazione passiva, ritenendo che tali eccezioni si basassero su un’erronea presunzione di legittimità del nuovo regolamento, il quale, invece, presenterebbe rilevanti profili di criticità.

Il Collegio ha sottolineato che, pur nella nuova formulazione dell’art. 222, comma 10, del d.lgs. n. 36/2023 (modificato successivamente dal d.lgs. n. 209/2024), non si ravvisa alcun fondamento testuale per affermare un mutamento sostanziale della titolarità del potere di annotazione nel casellario informatico. Tale potere resta in capo ad ANAC anche se le segnalazioni provengano dalle stazioni appaltanti. Infatti, la disposizione continua a riconoscere all’Autorità il compito di individuare, con proprio provvedimento, le “ulteriori informazioni” da iscrivere nel casellario, oltre a quelle che hanno dato luogo ad esclusioni automatiche ex art. 94 del Codice. Ne consegue che non vi è automaticità nell’inserzione delle segnalazioni, che deve avvenire a seguito di apposite verifiche da parte dell’Autorità. L’ultimo inciso della norma specifica, inoltre, che l’ANAC è l’unico soggetto abilitato a iscrivere direttamente determinati provvedimenti interdittivi, da cui si desume che anche negli altri casi l’inserimento deve essere comunque operato dall’Autorità, unico soggetto pubblico a ciò abilitato.
In continuità con l’orientamento giurisprudenziale consolidato, il Tribunale ha riaffermato la natura regolatoria e dichiarativa del potere di annotazione dell’ANAC., riconducendolo al novero dei poteri atipici di accertamento devoluti alle autorità amministrative indipendenti.

Tale potere comporta, in capo all’Authority, l’obbligo di procedere a una valutazione autonoma e imparziale dei fatti oggetto di segnalazione, specie quando essi non siano stati previamente accertati da un giudice o da un’autorità terza.

In assenza di tale verifica, la semplice pubblicazione, ad opera del committente, di notizie potenzialmente lesive della reputazione dell’operatore economico si pone in contrasto con i principi di proporzionalità e ragionevolezza, nonché con il principio del contraddittorio.

Inoltre, il TAR ha richiamato il precedente Regolamento del 2019 e la previsione contenuta nell’art. 18 che consentiva l’archiviazione del procedimento nei casi di “manifesta infondatezza o inconferenza della segnalazione”. Tale modello regolatorio è stato ritenuto più coerente con le garanzie partecipative e i criteri di legittimità dell’azione amministrativa. In questo senso, si è ribadito che il potere di annotazione deve fondarsi su un duplice accertamento: (i) sulla non implausibilità della ricostruzione dei fatti operata dalla stazione appaltante, tenendo conto anche delle controdeduzioni dell’impresa; (ii) sulla “consistenza del fatto” oggetto di segnalazione, in quanto idoneo a rappresentare un indice attendibile di inaffidabilità dell’operatore economico.
Di conseguenza, il Collegio ha rimarcato che la valutazione preventiva da parte dell’Autorità circa l’”utilità” e la “fondatezza” della notizia costituisce una condizione essenziale per garantire: da un lato l’equilibrio tra l’interesse pubblico alla trasparenza e alla selezione di operatori affidabili; dall’altro il diritto dell’impresa alla tutela della propria reputazione e capacità competitiva. Ciò, tanto più, in considerazione del fatto che spesso gli atti o provvedimenti segnalati – come risoluzioni contrattuali o penalità – sono adottati unilateralmente dalle stazioni appaltanti, senza alcun previo vaglio giurisdizionale.

Sul rispetto del contradditorio, il T.a.r. ribadisce che l’annotazione comporta comunque conseguenze pregiudizievoli per l’operatore economico, trattandosi di un’informazione che può influenzare negativamente la sua immagine e la sua capacità di competere. Poiché tali annotazioni derivano da segnalazioni effettuate da soggetti pubblici che hanno esercitato poteri autoritativi senza un previo vaglio giurisdizionale (terzo ed imparziale), l’acquisizione dei contributi procedimentali e delle deduzioni dell’impresa interessata diventa imprescindibile, costituendo una garanzia fondamentale per la legittimità dell’atto finale.
 
Quindi, anche se si tratta di un’attività amministrativa atipica, con finalità dichiarative, essa deve comunque rispettare il principio del contraddittorio, inteso come “formazione dialogica del convincimento dell’Autorità”. Questo principio è sancito anche dall’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea che assicura il diritto a un trattamento equo e imparziale, comprendente il diritto di ogni persona ad essere ascoltata prima dell’adozione, nei suoi confronti, di provvedimenti lesivi. Tale esigenza partecipativa è ancora più forte quando il decisore, come le Autorità amministrative indipendenti, non è espressione della rappresentanza politica. In tali casi, la legittimazione dell’attività regolatoria trova fondamento proprio nella garanzia del giusto procedimento (Cons. Stato, VI, 20 aprile 2006, n. 2201, nonché 11 aprile 2006, n. 2007). Dove manca un controllo diretto da parte del Governo, la partecipazione degli interessati al procedimento si configura come un contrappeso necessario alla debolezza della legalità sostanziale, specie nei settori dove le Autorità esercitano poteri non sempre rigidamente definiti dalla legge.
 
Per questo, il coinvolgimento dell’operatore economico non può essere omesso nemmeno nei procedimenti destinati a concludersi con atti che colpiscono specificamente i singoli soggetti del mercato. In tale prospettiva, il Collegio ha ritenuto convincenti le previsioni della delibera ANAC n. 861/2019, che riprendeva il modello partecipativo previsto dalla legge 241/1990, garantendo comunicazione dell’avvio del procedimento, possibilità di presentare memorie, partecipazione all’istruttoria e audizioni.
 
Viene poi richiamato dal Tribunale un orientamento costante della giurisprudenza amministrativa, secondo cui l’ANAC è tenuta a valutare l’utilità della notizia anche alla luce delle circostanze esposte dall’impresa nella sua memoria, in quanto rilevanti per stimare la gravità dell’inadempimento e, di riflesso, l’affidabilità dell’operatore nei confronti delle stazioni appaltanti.
 
Sul punto il T.a.r. evidenzia come, al contrario, la tesi sostenuta da ANAC, recepita nell’art. 5 del vigente Regolamento (di cui alla delibera n. 272 del 20 giugno 2023), attribuisca all’Autorità un ruolo meramente esecutivo di trascrizione delle segnalazioni inviate dalle stazioni appaltanti, le quali sarebbero le uniche responsabili del contenuto delle comunicazioni. Secondo ANAC, questa impostazione rappresenterebbe una tappa ineludibile verso il percorso di digitalizzazione dell’intero ciclo dei contratti pubblici, che restituirebbe al casellario informativo la sua originaria funzione di pubblicità-notizia. In tale visione, il Casellario diventerebbe una sorta di “bacheca” gestita tecnicamente dall’ANAC, che ne definirebbe solo le regole operative.
 
Tale ricostruzione, secondo il Collegio, non può essere condivisa.
 
Essa, da un lato, svuota le funzioni dell’ANAC svilendo un potere di annotazione che la legge le assegna direttamente e che è distinto dalle competenze delle stazioni appaltanti nelle fasi di affidamento o esecuzione dei contratti. Dall’altro, elide del tutto il necessario contraddittorio tra operatore economico e stazione appaltante prima dell’annotazione, che è invece condizione imprescindibile per l’esercizio imparziale delle funzioni di vigilanza e controllo che l’art. 222, comma 1, del d.lgs. 36/2023 attribuisce proprio all’ANAC.
 
Inoltre, il trasferimento di tali competenze alle stazioni appaltanti non trova alcun fondamento in una norma di rango primario, risultando quindi in contrasto con il principio di legalità formale. L’ANAC, in assenza di apposita previsione normativa primaria espressa, non può con un regolamento (i.e. previsione normativa secondaria) attribuire ad un altro soggetto (nella specie la s.a.)  l’esercizio di un potere che la legge riserva alla stessa. Come rilevato dalla giurisprudenza, infatti, la delega di competenze amministrative è ammissibile solo se prevista espressamente dalla stessa fonte normativa che disciplina l’attribuzione del potere, e solo a condizione che il soggetto delegante sia originariamente titolare di quel potere (Cons. Stato, sez. VI, 29 novembre 2012, n. 6042Corte cost., 24 giugno 2021, n. 189).

In conclusione, il T.a.r. rileva che il sistema di gestione del casellario informatico, delineato dalla delibera ANAC n. 272/2023, risulta carente della necessaria formazione di una volontà procedimentalizzata dell’Autorità; manca, cioè, un processo decisionale che sfoci, all’esito di un contraddittorio effettivo tra stazione appaltante e operatore economico, in una valutazione della non manifesta infondatezza della segnalazione e dell’utilità dell’annotazione.
La digitalizzazione del ciclo di vita dei contratti pubblici, promossa dal d.lgs. 36/2023, non può tradursi nella soppressione delle garanzie procedimentali né comportare la riallocazione di poteri amministrativi autonomamente rilevanti, come quello di annotazione, in capo a soggetti diversi dall’Autorità competente. L’automazione dei procedimenti, infatti, deve rispettare le garanzie costituzionali, in particolare il diritto dell’interessato a partecipare ad ogni procedimento amministrativo che la legge n. 241/1990 eleva a livello essenziale delle prestazioni (art. 29-bis, co. 2-bis). Del resto, lo stesso Codice dei contratti pubblici, all’art. 30, comma 3, lett. b) ha espressamente positivizzato il principio di “non esclusività della decisione algoritmica” per cui anche nei procedimenti automatizzati deve essere sempre garantita la presenza di un apporto umano in grado di controllare, validare o smentire la decisione automatizzata. Pertanto, pur nella prospettiva di una semplificazione e digitalizzazione del procedimento di annotazione – ad esempio tramite l’utilizzo di piattaforme telematiche per comunicazioni e notifiche – deve comunque essere assicurato il diritto di ciascuna parte a contraddire le osservazioni dell’altra e a ottenere una decisione imparziale da parte di un’Autorità indipendente. La democraticità della decisione amministrativa e la validità dell’istruttoria si misurano proprio nella possibilità effettiva per gli interessati di partecipare al procedimento.

Alla luce di tali principi, il T.a.r. ha dichiarato illegittimo il regolamento adottato con la delibera ANAC n. 272/2023, nella parte in cui non garantisce all’operatore economico il diritto di presentare memorie, chiedere l’audizione, ottenere una valutazione completa del materiale istruttorio e una decisione finale motivata. L’ANAC dovrà quindi adeguare il Regolamento, introducendo le necessarie garanzie partecipative.

Brevi considerazioni conclusive

La sentenza del T.a.r. Lazio assume una grande rilevanza sistemica poiché pone l’accento sulla necessità di garantire, anche nell’ambito dei procedimenti digitalizzati, il rispetto pieno delle garanzie fondamentali del giusto procedimento, prima fra tutte quella del contraddittorio. Il giudice amministrativo, dichiarando l’illegittimità della delibera ANAC n. 272/2023 nella parte in cui esclude ogni forma di partecipazione dell’operatore economico destinatario dell’annotazione, riafferma con forza il principio secondo cui l’efficienza amministrativa non può mai essere perseguita a scapito della legalità procedurale.
 
Il contraddittorio, inteso come diritto di ogni soggetto a essere ascoltato e a poter interloquire prima dell’adozione di un provvedimento che lo incide negativamente, rappresenta non solo una garanzia a tutela dell’individuo, ma anche un elemento strutturale di qualità e imparzialità della decisione amministrativa. Questo principio acquista particolare rilievo nelle attività delle Autorità amministrative indipendenti, le quali – essendo al di fuori dei tradizionali meccanismi di rappresentanza democratica – trovano proprio nel rispetto delle garanzie partecipative la loro legittimazione sostanziale.
 
In tale prospettiva, la digitalizzazione del ciclo di vita dei contratti pubblici, pur offrendo innegabili vantaggi in termini di semplificazione, trasparenza ed economicità, non può tradursi nella compressione o, peggio, nella soppressione dei diritti partecipativi degli operatori economici. Come osservato dal TAR, l’automazione amministrativa deve comunque prevedere un apporto umano decisivo e responsabile, che consenta all’organo competente – imparziale e indipendente – di effettuare una valutazione concreta e autonoma dei fatti, mantenendo il giusto equilibrio tra le esigenze di efficienza e i diritti fondamentali degli interessati.
 
In questa cornice si inserisce anche la ferma censura del giudice nei confronti del tentativo, operato con il Regolamento ANAC, di trasferire in via surrettizia il potere di annotazione alle stazioni appaltanti. Tale trasferimento non è previsto da alcuna norma di rango primario e risulta in aperta violazione del principio di legalità, il quale richiede che l’attribuzione e l’esercizio del potere amministrativo avvengano sulla base di una fonte normativa chiara e definita. In assenza di una previsione espressa, ANAC non può delegare ad altri soggetti – per giunta né terzi né imparziali – un potere che le è attribuito direttamente dalla legge. Affidare la gestione delle annotazioni alle stazioni appaltanti, che sono spesso parte diretta del conflitto da cui origina la segnalazione, espone l’intero sistema a gravi rischi di arbitrarietà e strumentalizzazione. Il giudice richiama espressamente il pericolo che l’annotazione, trasmessa superficialmente e senza vaglio autonomo, possa arrecare un danno reputazionale ingiusto all’operatore economico pregiudicandone non solo l’immagine, ma anche la possibilità concreta di partecipare ad altre gare. In un contesto in cui il casellario informatico è consultato obbligatoriamente dalle stazioni appaltanti, l’iscrizione si traduce in una vera e propria “etichetta negativa” che compromette la competitività dell’impresa sul mercato, pur in assenza di un accertamento terzo sulla fondatezza dei fatti contestati.
 
La sentenza in commento rappresenta dunque un monito chiaro: l’innovazione tecnologica e l’efficienza amministrativa non devono e non possono travolgere i principi cardine dello Stato di diritto. Al contrario, devono essere orientate a rafforzare – non a indebolire – le garanzie procedurali e i diritti degli operatori. In questo senso, il TAR riafferma il ruolo imprescindibile del contraddittorio, del controllo imparziale e della responsabilità pubblica come pilastri di un sistema amministrativo moderno, ma rispettoso della legalità e dell’equità.

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