Sul diritto dell’impresa ausiliaria di accesso agli atti amministrativi

Commento alla sentenza del TAR Sicilia, Palermo, sez. IV, 10 marzo 2025, n. 528

Luigia Castaldo 14 Aprile 2025
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“La società ricorrente, in qualità di ausiliaria, infatti, ha documentalmente provato, per quel che qui rileva, di vantare il diritto all’esecuzione del contratto di avvalimento del 3 novembre 2022, in forza del quale (v. art. 8) l’impresa ausiliata ha assunto il correlato l’obbligo del pagamento del corrispettivo commisurato al valore del contratto di appalto stipulato con la stazione appaltante; ne consegue il diritto dell’impresa odierna ricorrente alla conoscenza – nei limiti di tale esigenza difensiva – degli atti indicati nella domanda di accesso aventi a oggetto l’esecuzione dei lavori, in vista della eventuale tutela giurisdizionale del vantato credito”.
TAR Sicilia, Palermo, sez. IV, 10 marzo 2025, n. 528

Indice

Il caso di specie e la decisione del TAR

La sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione IV, concerne un ricorso proposto da -OMISSIS- contro il Comune di Ravanusa per la dichiarazione di illegittimità del silenzio formatosi sull’istanza di accesso agli atti e per l’accertamento del diritto di accesso ai documenti indicati nella medesima istanza agli atti amministrativi ai sensi dell’art. 25 della legge n. 241/1990.

 La società ricorrente, in qualità di ausiliaria dell’aggiudicataria, aveva presentato un’istanza volta a ottenere l’ostensione del contratto di appalto e della relativa documentazione contabile riguardante l’affidamento della progettazione ed esecuzione dei lavori per la realizzazione di un impianto di trattamento dei rifiuti urbani per la produzione di compost, affidati dal Comune di Ravanusa all’impresa -OMISSIS-.

Tuttavia, nonostante la regolare presentazione della richiesta ostensiva, l’amministrazione comunale non aveva fornito alcuna risposta, determinando così la formazione di un silenzio-diniego, con conseguente lesione del diritto del ricorrente all’accesso ai documenti richiesti.
La società ricorrente agiva in giudizio in qualità di impresa ausiliaria della società aggiudicataria -OMISSIS-, con la quale aveva stipulato un contratto di avvalimento in data 3 novembre 2022.

L’istanza di accesso trovava fondamento nella necessità di verificare l’effettiva esecuzione dell’appalto al fine di tutelare il credito vantato nei confronti dell’impresa ausiliata, in relazione al corrispettivo pattuito per la messa a disposizione dei propri requisiti tecnico-economici, come previsto dal contratto di avvalimento.

Nel merito, il Tribunale ha riconosciuto la legittimazione e l’interesse del ricorrente all’accesso agli atti richiesti, rilevando che il contratto di avvalimento prevedeva espressamente il diritto dell’impresa ausiliaria a percepire un corrispettivo pari all’1,5% del valore dell’appalto, con precise modalità di pagamento.

Pertanto, la mancata conoscenza della documentazione relativa all’esecuzione dei lavori avrebbe potuto compromettere l’esercizio delle azioni a tutela del credito vantato nei confronti dell’impresa ausiliata.

In accoglimento del ricorso, il T.a.r.  ha dichiarato l’illegittimità del silenzio serbato dall’amministrazione e, per l’effetto, ha ordinato di consentire l’accesso agli atti richiesti entro trenta giorni dalla comunicazione della sentenza.

Brevi profili ricostruttivi

La questione giuridica sottesa alla controversia si inquadra nell’alveo dell’istituto dell’accesso agli atti amministrativi, disciplinato dagli articoli 22 e seguenti della Legge n. 241/1990, e si intreccia con i principi di trasparenza, pubblicità e partecipazione che permeano l’azione amministrativa.

Il diritto di accesso rappresenta uno strumento essenziale per garantire il controllo sull’operato della pubblica amministrazione e per tutelare situazioni giuridiche soggettive meritevoli di “protezione”. Difatti, affinché la “voce” dell’amministrato possa esprimersi con la massima efficacia, è necessario che essa si fondi su una conoscenza compiuta degli atti e dei documenti del procedimento che conduce all’adozione del provvedimento amministrativo. La fase “conoscitiva”, pertanto, si pone in un rapporto di necessaria e propedeutica anteriorità rispetto a quella “partecipativa”.

A conferma della rilevanza dell’istituto, il legislatore ha elevato il diritto di accesso ai documenti amministrativi a “principio generale dell’attività amministrativa” (art. 22, comma 2, l. n. 241/1990), delineandone un ambito applicativo particolarmente ampio. Nel dettaglio, il diritto di accesso “si esercita nei confronti delle pubbliche amministrazioni, delle aziende autonome e speciali, degli enti pubblici e dei gestori di pubblici servizi” (art. 23, l. n. 241/90). Per “pubblica amministrazione” si intendono sia i soggetti di diritto pubblico, sia “soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario” (art. 22, comma 1, lett. e), l. n. 241/1990).

In tale prospettiva, la vicenda in esame solleva profili di rilievo sotto un duplice aspetto: da un lato, la legittimazione soggettiva del richiedente all’accesso e, dall’altro, la sussistenza di un interesse giuridicamente rilevante alla conoscenza degli atti oggetto dell’istanza ostensiva.
Sotto il primo profilo, la posizione del ricorrente, quale impresa ausiliaria della società aggiudicataria dell’appalto, trova il proprio fondamento in un rapporto giuridico qualificato, scaturente dal contratto di avvalimento stipulato tra le parti, ex art. 104, d.lgs. n. 36/2023. Tale istituto consente a un operatore economico, privo di determinati requisiti di partecipazione, di avvalersi delle capacità tecniche ed economiche di un’altra impresa, la quale si obbliga a metterle a disposizione per l’esecuzione del contratto pubblico.

Nel caso di specie, la società ricorrente, in qualità di impresa ausiliaria, ha fornito i propri requisiti alla concorrente aggiudicataria, maturando – quale corrispettivo per tale messa a disposizione – un credito nei confronti della stessa.
L’accesso agli atti amministrativi dell’appalto si configura, dunque, come strumentale alla tutela di tale posizione creditoria, poiché la conoscenza della documentazione contabile e contrattuale risulta indispensabile per verificare l’effettiva esecuzione del rapporto e per promuovere eventuali azioni a tutela del credito.

Inoltre, il principio dell’accesso ai documenti è collegato con quello, più ampio, della trasparenza e ne favorisce la realizzazione. La ratio è rinvenibile nella stessa formulazione dell’art. 22, comma 2, l. n. 241/90, il quale chiarisce che l’accesso è orientato al fine “di favorire la partecipazione e di assicurare l’imparzialità e la trasparenza”.
Sotto il secondo profilo, il silenzio serbato dall’amministrazione sull’istanza di accesso configura una violazione del principio di trasparenza e pregiudica il diritto del ricorrente a ottenere un riscontro espresso e motivato, sia esso positivo o negativo.
L’inerzia dell’ente si pone altresì in contrasto con il corretto esercizio della funzione amministrativa, che deve ispirarsi ai canoni di imparzialità e buon andamento di cui all’art. 97 della Costituzione.

La giurisprudenza amministrativa ha più volte ribadito che il diniego di accesso non può essere opposto in maniera generica o arbitraria, ma deve trovare adeguata giustificazione in esigenze di riservatezza o in altre cause di esclusione tassativamente previste dall’ordinamento.

Nel caso di specie, l’assenza di qualsivoglia riscontro da parte dell’ente pubblico ha reso necessario l’intervento del g.a., il quale, riconoscendo la fondatezza della pretesa azionata, ha dichiarato l’illegittimità della condotta omissiva dell’amministrazione, ordinando il rilascio della documentazione richiesta.
Tale decisione conferma la centralità del diritto di accesso quale strumento di tutela degli interessi legittimi dei soggetti privati e di trasparenza e legalità dell’azione amministrativa.

Conclusioni

Alla luce delle argomentazioni svolte, la decisione adottata dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia si pone in linea con l’orientamento giurisprudenziale consolidato in materia di accesso agli atti amministrativi, riaffermando la centralità di tale istituto quale presidio di legalità, trasparenza e tutela delle posizioni giuridiche soggettive dei privati.

Il riconoscimento dell’illegittimità del silenzio serbato dall’amministrazione e l’ordine di esibizione della documentazione richiesta confermano che il diritto di accesso non può essere arbitrariamente negato, soprattutto quando il richiedente dimostri un interesse diretto, concreto e attuale alla conoscenza degli atti richiesti, come nel caso di specie.

In particolare, la sentenza ribadisce che il diritto di accesso agli atti amministrativi non è solo uno strumento di controllo dell’operato della pubblica amministrazione, ma anche un mezzo funzionale alla tutela di situazioni giuridiche qualificate, come nel caso dell’impresa ausiliaria che, in virtù del contratto di avvalimento, vanta un interesse giuridicamente rilevante a ottenere la documentazione contabile relativa all’appalto.

L’accesso ai documenti amministrativi, pertanto, assume una valenza strumentale rispetto alla tutela del credito maturato nei confronti della società aggiudicataria, confermando la piena legittimazione del ricorrente all’ostensione degli atti richiesti.

Inoltre, la pronuncia censura il comportamento omissivo dell’amministrazione, sottolineando che l’inerzia dell’ente pubblico si pone in contrasto con i principi di trasparenza, imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione, sanciti dall’art. 97 della Costituzione. L’obbligo di fornire una risposta espressa e motivata alle istanze di accesso non può essere eluso attraverso condotte dilatorie od omissive, che si traducono in una negazione surrettizia del diritto di accesso e che impongono l’intervento del g.a. per ripristinare la legalità violata.

Infine, la statuizione del T.a.r. conferma la funzione essenziale della tutela giurisdizionale avverso l’inerzia della pubblica amministrazione, consentendo al privato di ottenere un provvedimento che non solo accerti l’illegittimità del silenzio, ma che imponga all’ente l’adempimento dell’obbligo di ostensione, entro un termine perentorio.

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